Sogg.: e Scenegg.: Richard Wilson, Bill Krown, Myron Meisel - Fotogr.: (normale/ a colori) George Fanto, Gary Graver - Mus.: Jorge Arriagada - Montagg.: Ed Marx - Dur.: 85' - Produz.: Les Films Balanciaga, Poligram
Soggetto
Il film è costituito da interviste ai collaboratori, agli attori ed al regista Orson Welles, inframezzate dagli spezzoni rimasti di tre episodi girati nel 1942 dallo stesso Orson Welles. Primo episodio: "My friend Bonito". La benedizione degli animali domestici in un villaggio: come d'uso, li porta-no alla Chiesa i bambini, anche piccolissimi. Un allegro ragazzetto ha infioc-chettato il suo nero torello e il sacerdote benedice anche questo. Secondo episodio: "The story of Samba". Feste spettacolari, ritmi a furor di popolo, favela e costumi tutti lustrini, gioia irrefrenabile nei tre giorni che tutti passa-no in strada durante il Carnevale di Rio. Soprattutto il fascino irresistibile del "samba", panacea nazionale per i più poveri, contro indigenza e sacrifici. Terzo episodio: "Four Men on a Raft". Ricostruzione di un episodio storico ed epico al tempo stesso. Parte da Fortaleza a 1650 miglia da Rio de Janei-ro una "janga": è una zattera con una vela bianca triangolare, costruita da poveri pescatori e condotta in porto senza bussola da quattro eroici jangadei-ro dopo 61 giorni di navigazione. L'Oceano, le tempeste, la lotta contro i venti, la durezza delle manovre e poi le tappe a Recife e Salvador (dove i quattro visitano, come per voto, le rispettive cattedrali), indi il trionfo e le accoglienze popolari nella Capitale.
Valutazione Pastorale
I realizzatori di questo documentario hanno "vivacizzato" il materiale filmico (reperito in archivi e fondi di magazzino, e gira-to nel 1942 da Orson Welles) con voci fuori campo nonché con interviste spontanee e colorite. La potenza delle immagini è unica. L'episodio "Four Men on a Raft" (quattro uomini su una zattera) fa pensare all'epos, alla Odis-sea e alla poesia. Il taglio fotografico spinge in primo piano mare, cielo, ven-to e dune, con effetti forti e splendidi. Quel viaggio diventa a poco a poco una scommessa ed una sfida, di alto contenuto anche morale, di cui il bianco e nero sottolinea e cifra al meglio valore e senso. Senza denaro, il regista Orson Welles concluse la sua opera, lasciando ai posteri pagine e sequenze di grande stile, di quelle che contano nel Cinema. Il titolo praticamente "E' tutto vero" nel testimoniare la attendibilità di ciò che si vede, appare perfi-no commovente: è il candore di una serie di immagini che sembrano più vere della vita. Nel contesto, Welles inserì un gentile episodio (le nozze di due adolescenti), presto funestate dalla tragedia (lo sposo perisce durante la pesca e il corpo viene poi sbattuto fra gli scogli). La sequenza del funerale una lunghissima fila indiana (uomini, donne e bambini, tutti rigorosamente vestiti di nero) su e giù per le dune fino ad un umile cimitero è validissima. I volti dei vecchi bruciati dal sole, ridotti a corteccia d'albero, quegli occhi pazienti e semplici, la fierezza e la dignità di tutti, meritano un rispetto profondo. La fatica del vivere, la fame, i dolori e i lutti, tutto appare riscattato dalla fede e dalla speranza. Film composito, ma schietto e emozionante per la sua conta-giosa umanità.