LA MUJER DE BENJAMIN (LA DONNA DI BENJAMIN) *

Valutazione
Discutibile, Problematico, Dibattiti
Tematica
Donna, Politica-Società, Povertà-Emarginazione
Genere
Drammatico
Regia
Carlos Carrera
Durata
90'
Anno di uscita
1993
Nazionalità
Messico
Titolo Originale
LA MUJER DE BENJAMIN
Distribuzione
Visioni Originali
Soggetto e Sceneggiatura
Carlos Carrera, Ignacio Ortiz
Musiche
Josè Amozurrutia, Alejandro Giacoman
Montaggio
Sigfrido Barjau, Oscar Figueroa

Sogg. e Scenegg.: Carlos Carrera, Ignacio Ortiz - Fotogr.: (normale/a colori) Xavier Perez Grobet - Mus.: Josè Amozurrutia, Alejandro Giacoman - Montagg.: Sigfrido Barjau, Oscar Figueroa - Dur.: 90' - Produz.: Centro de Capacitation Cinematografica, Estudios Churubusco Azteca

Interpreti e ruoli

Eduardo Lopez Rojas (Benjamin), Arcelia Ramirez (Natividad), Malena Doria (Michaela), Eduardo Palomo, Ana Bertha Espin, Juan Carlos Colombo, Farnesio De Bernal, Ruben Marquez, Enrique Gardiel, Luis Ignacio Erazo

Soggetto

Natividad, una diciassettenne messicana, cresciuta in un villaggio arretrato e chiuso, rifiuta la monotonia e le consuetudini convenzionali, di cui avverte l'ipocrisia. D'istinto, tende ad evadere e a cercare orizzonti più liberi, a cominciare dalle fughe notturne e dagli amoretti maliziosi con un giovane camionista (ai quali si abbandona calcolatamente con misura) per sottrarsi ai soliti litigi con una madre frustrata e oppressiva, divisa fra un rituale che simula un rimpianto per il marito defunto, e l'attrazione – mascherata di devozione – per il giovane parroco, di cui varie donne del villaggio, come lei insoddisfatte, appaiono infatuate. Miraggio di Natividad è la vicina città, in cui si illude probabilmente di poter vivere al di fuori degli schemi ripetitivi del luogo d'origine. Ma Benjamin, un grasso cinquantenne indolente e rozzo, dominato da una sorella maggiore dispotica, l'ha adocchiata e la vorrebbe in moglie, ma è troppo maldestro e primitivo per riuscire ad ottenerla con un corteggiamento adatto. Alcuni suoi coetani viziosi e bevitori gli consigliano di rapirla, perché in conformità dei pregiudizi radicati nel villaggio è l'unico modo per "aggiudicarsela". Si mettono anzi essi stessi a sua disposizione per attuare il colpo, che va subito a segno. Imprigionata nelle adiacenze dell'abitazione da Benjamin, Natividad rifiuta il cibo e resiste ostinatamente ai suoi tentativi di possederla per forza. Arriva a ricattare la sorella di lui – che si presta al gioco ai fini di liberarsi dal peso di accudire l'ingombrante fratello accollandone le cure a una moglie – con la minaccia di render pubblico un suo diario segreto (zeppo di effusioni appassionate per il parroco di cui è innamorata) e ciò per costringerla ad allentare la sorveglianza nei suoi confront. Riesce così a dare un'apparenza di accettato conformismo alla propria riluttante convivenza con Benjamin, riprendendo contemporaneamente gli incontri amorosi col camionista, sempre attenta a dividere con accorto calcolo le proprie "prestazioni" fra lui e Benjamin, al fine di toglierseli d'attorno entrambi. Durante una rissa furiosa fra i due che se ne contendono la "proprietà", Natividad si adopera con ogni mezzo affinchè venga loro evitato il peggio, e riesce frattanto a lasciare il villaggio, dopo essersi impossessata di denaro e roba per l'immediata sopravvivenza, diretta alla città delle proprie illusioni, di cui si intravvedono in lontananza le luci.

Valutazione Pastorale

si è voluto deliberatamente dettagliare ogni aspetto narrativo del film per mettere in evidenza la situazione senza via d'uscita in cui viene a trovarsi la protagonista. Il film, infatti, forse volutamente un po' lento nel ritmo, ma di notevole valore espressivo e formale, è sostanzialmente una denuncia dell'arretratezza e delle convenzioni sociali ipocrite che perdurano in alcune zone povere del Messico (e non solo del Messico), condizionamenti pesanti e schiavizzanti che incidono negativamente su una ragazza già di per sé smaliziata e insofferente. Priva di validi punti di riferimento e di convincenti orientamenti educativi, Natividad finisce infatti con rimanere inquinata dall'atmosfera da cui è circondata, assumendone la doppiezza e i metodi spregiudicati pur di uscirne. Né l'ambiente familiare, né quello religioso le offrono motivazioni reali di vita: madre insoddisfatta, parroco superficiale e accomodante, più interessato ai regalucci delle sue devote ammiratrici che ai veri problemi del paese atrofizzato e sornione. Si può obiettare che la scelta del regista è tendenziosa e i vari ritratti negativi caricati; che la fanciulla in questione non è poi candida né sprovveduta; che la presentazione del prete, della sua predicazione, delle stesse celebrazioni rasenta la beffa; che il film non fa intravvedere soluzioni positive. In effetti il finale aperto, con Natividad che abbandona il villaggio verso l'ignoto, e più ancora l'indugiare della cinepresa sul paese immutato e insensibile al dramma umano della fuggitiva, col fotogramma di una ragazza che passa esposta agli ammiccamenti libidinosi dei perdigiorno sembra indulgere al fatalismo: tutto come sopra, niente di cambiato, quello che è stato sarà. Ma la denuncia rimane forte e chiara e l'invito a scuotersi implicito: l'ignavia non ha mai cambiato il mondo.

Le altre valutazioni

Sfoglia l'archivo
Ricerca Film - SerieTv
Ricerca Film - SerieTV