Sogg.: dal romanzo omonimo di Pasquale Festa Campanile - Scenegg.: Ugo Chiti, Giovanni Veronesi - Fotogr.: (panoramia/a colori) Giuseppe Ruzzolini - Mus.: Nicola Piovani - Montagg.: Nino Baragli - Dur.: 113' - Produz.: Filmauro
Interpreti e ruoli
Diego Abatantuono (Giuseppe), Penelope Cruz (Maria), Alessandro Haber (Socrates), Stefania Sandrelli (Dorotea), Renato De Carmine (Cheofa), Valeria Sabel, Eliana Giva, Mariangela D'Abbraccio, Gianni Musy
Soggetto
Socrates, un greco fuggiasco in Palestina, incontra il falegname Giuseppe che lo prende a servizio. Giuseppe, che ha due fratelli con cui litiga spesso, e un padre anziano, si indigna con la cittadinanza perchè continua a lapidare un'adultera anche dopo la morte, e tiene testa al severo Cheofa, capo del Sinedrio e zio della piccola Maria, una bimba che, apparsa un giorno nella sua bottega, gli ha dimostrato una viva simpatia, da lui ricambiata. Frattanto Giuseppe visita la vedova Tamar, scatenando le ire del fratello Manasse, che si è incapricciato di lei. I fratelli giungono così a tendergli un agguato, ma Socrates lo salva. Dopo la morte del padre, Giuseppe parte con l'amico per un viaggio, ma incappa nel ladro Abraham, che ferocemente fa tagliare la lingua a Socrates. Giunti a Nazareth vengono accettati grazie ai buoni uffici di Maria, che si ricorda del falegname. Quando Giuseppe intreccia una relazione con la cortigiana Dorotea, una vedova di Tolemaide, Cheofa proibisce a Maria di vedere Giuseppe, il quale, comprato un cavallo bianco, fa lunghe galoppate nel deserto e visite ai bordelli di quella città. Ormai giovinetta, Maria si reca da Giuseppe per ordinargli una cassapanca. Giuseppe ne è preso, e la segue al cosiddetto "giro del cane", una passeggiata in tondo dei giovani ambosessi del villaggio per ricambiarsi messaggi gestuali. Adirato perché Gioele corteggia Maria, Giuseppe lo affronta e i due si picchiano per un giorno intero; poi Maria schiaffeggia Giuseppe invitandolo a farsi i fatti suoi, ma lui, da sempre contrario al matrimonio, finisce per chiedere Maria in sposa. Vinte le riluttanze di Cheofa, i due si fidanzano, ma Maria parte all'improvviso e sta lontana quattro mesi. Quando torna è incinta: Cheofa, disperato, restituisce la dote a Giuseppe e vorrebbe risarcirlo; ma costui si impunta e chiede spiegazioni: Maria lo assicura che non lo ha tradito. Dal momento che i paesani credono che il padre del nascituro sia Giuseppe, questi decide di sposare lo stesso Maria: è convinto che l'abbiano violentata, anche se lei nega e gli rivela l'Annuncio dell'Angelo riguardante la sua concepizione. Dopo il matrimonio Maria non permette a Giuseppe di avere rapporti con lei: poiché questi è costernato, Maria gli propone addirittura di recarsi a Tolemaide, per avere incontri occasionali con altre donne. Frattanto il censimento porta Giuseppe e Maria, accompagnati da Socrates, verso Betlemme: durante il viaggio delle croci con i condannati lapidati dal popolo turbano Maria che sente acute le doglie del parto. Rifugiatisi in una grotta dove c'è uno stabbio, le doglie si fanno intense: Socrates va in paese a cercare aiuto. Maria supplica Giuseppe di lasciarla sola: il bimbo nasce senza l'aiuto di nessuno. Giuseppe ne sente il vagito e lo vede al seno di Maria. Intanto arrivano i pastori ed una moltitudine, e Giuseppe rimane interdetto non capendo il perché. Poi il decreto di Erode che dispone l'uccisione di tutti i neonati mette in fuga la coppia. Socrates resta così solo per otto anni fino a quando un bimbo si presenta a lui e lo chiama per nome: è Gesù, il figlio di Maria e Giuseppe. Tra il bimbo e la madre c'è un'intimità di cui Giuseppe è geloso: non riesce ad accettare che lui, un semplice uomo innamorato, sia stato scelto da Dio per essere il padre di un futuro re, a quel che lui crede, e dover rinunciare all'amore con la donna che ama. In un sussulto di autocommiserazione Giuseppe si pone sulla testa una ciotola di legno, e così lotrova, morto nel sonno, Maria.
Valutazione Pastorale
non sembra aver requie il desiderio di umanizzare, di volgarizzare (nel senso latino del termine) il Nuovo Testamento, dai vangeli apocrifi ai moderni tentativi di negare, di falsare, di romanzare, di reinventare la vicenda tramandata da duemila anni a questa parte. Dopo il torbido film di Scorsese, quello dei Monthy Piton, o l'insulsa pellicola di Pupi Avati, ecco questo lavoro di Veronesi, che se da un lato non può non essere pastoralmente allineato con gli altri, vista la deliberata manipolazione della vicenda scritturale, e la presenza di situazioni e frasi attribuite a personaggi come Giuseppe e Maria, d'altro canto induce ad una serie di riflessioni approfondite sul fenomeno. In questo film, fin dall'inizio, sembra che il regista voglia porsi al riparo da eventuali rischi collocando la vicenda in un dichiarato clima apocrifo, sulla falsariga del romanzo di Pasquale Festa Campanile cui si ispira con un personaggio di fantasia, Socrates. Il comportamento di Giuseppe è talmente inedito e divergente dall'iconografia relativa al Santo (la cui agiografia, a parte quella apocrifa, è una delle più avare di aneddotica) che si potrebbe cogliere nell'autore del libro ma soprattutto nel regista il desiderio di calarsi per ipotesi nella situazione vissuta da Giuseppe per riviverla "dal basso", anziché relegarla in un empireo più che legittimo ed edificante, ma che all'uomo della strada appare comunque irraggiungibile, se non impensabile. Attualizzare, creando una situazione di fantasia, la vicenda di Giuseppe e Maria, con gli atteggiamenti provocatori e umanissimi di un Giuseppe e di una Maria inventati, può certo suscitare legittime perplessità ed invogliare ad una più che giustificata condanna, che del resto, da un punto di vista dell'ortodossia è ineludibile. Si parla dell'Annuncio dell'Angelo a Maria, che però viene solo riferito dalla giovane: Giuseppe non crede a questo evento miracoloso, e infatti a lui l'Angelo non appare mai, né per rassicurarlo sulla misteriosa gravidanza della fidanzata, né per ordinargli di partire per l'Egitto al momento della Strage degli Innocenti. Cosicché, quando Giuseppe si dice convinto della nascita miracolosa di Gesù, appare come in preda ad una dolce follia, quella follia che gli fa indossare una corona di legno. In realtà, è per amore, solo per amore, che Giuseppe ha accettato tutto.