Orig.: Italia (1998) - Sogg.: Nicola Molino - Scenegg.: Nicola Molino con la collaborazione di Egidio Eronico - Fotogr.(Normale/a colori): Fabio Cianchetti - Mus.: Marco Schiavoni - Montagg.: Bruno Sarandrea - Dur:80' - Produz.: Gherardo Paglieri, Elisabetta Riga.
Interpreti e ruoli
Josè Quaglio (Vittorio D'Andrea), Chiara Muti (Francesca D'Andrea), Ninni Bruschetta, Maurizio Puglisi, Augusto Benedetti, Enzo Vetrano, Andrea Buscemi, Marcello Foschini.
Soggetto
Vittorio D'Andrea, uomo ormai maturo, tiene sequestrata nella cantina di un casolare di campagna una ragazza che mostra evidenti segni di disturbi psichici. Lui prepara da mangiare, stira, cuce, va al bar del paese vicino e lascia lei chiusa in stanza. Torna, prepara l'acqua per il bagno, la lascia sola. Lei certe volte scambia impressioni e battute, fa alcune richieste, certe altre cade preda di attacchi e crisi depressive, urla, si dispera, si difende. Vittorio, quando va in paese, fa strani incontri, osserva un anziano che parla di donne conosciute in passato, vede un uomo che seppellisce il proprio padre. Un giorno, quando lui non c'é, passano le guardie forestali, da una feritoia scoprono la presenza della ragazza. Arriva la polizia e arresta Vittorio che, messo alle strette, confessa: Francesca, la ragazza, é sua figlia. Quando la moglie é morta, lui ha capito della malattia che incombeva sulla ragazza, più volte violentata e difficile da curare. Quello del sequestro é uno stratagemma trovato per tenere la figlia chiusa. Vittorio é accusato di sequestro di persona e incarcerato. Francesca scappa, lui in seguito la cerca. Di notte, viene ferito da alcuni albanesi che gli chiedono soldi. Uscito dall'ospedale, torna al casolare. Francesca é lì e gli chiede:"Hanno pagato? Ora sono libera?".
Valutazione Pastorale
Film insolito nel panorama italiano per il modo asciutto, diretto e coraggioso con cui affronta il tema dell'amore paterno. Nella penombra della stanza in cui Francesca é chiusa si svolge un dialogo sofferto che allo stesso tempo nasconde e rivela il dolore di una situazione difficile, l'ansia di sentirsi impotenti, di non saper come reagire, come opporsi al male che avanza. Vittorio, il padre, passa attraverso una sorta di sacrificio che lui sente indispensabile per garantire qualche sicurezza alla figlia. Il sacrificio genera speranza, e il raggio di sole finale taglia l'aria della gabbia come una linea di conforto e di fiducia. Il film é anche una metafora sulla vecchiaia dell'uomo, sul rapporto genitori-figli, sul difficile passaggio da una tipo di società all'altra. Ben recitato, soprattutto nel ruolo del padre, il racconto ha sussulti e scatti che non passano inosservati. Dal punto di vista pastorale, è da valutare come positivo, problematico e da consigliare per dibattiti.
UTILIZZAZIONE: più che in programmazione ordinaria, il film é da utilizzare in occasioni mirate, come esempio di film italiano serio e rigoroso, supportato da scelte tecniche e formali (fotografia, ambientazione)forti e coerenti.