BUGIE

Valutazione
Inaccettabile, malsano
Tematica
Giovani, Male, Sessualità
Genere
Drammatico
Regia
Jang Sun Woo
Durata
112'
Anno di uscita
2000
Nazionalità
Corea del Sud
Titolo Originale
Gojitmal
Distribuzione
Key Films
Soggetto e Sceneggiatura
Jang Sun Woo tratto dal romanzo "Tell me a lie" di Jang Jung Il
Musiche
Dal Palan
Montaggio
Park Gok Ji

Orig.: Corea del Sud (1999) - Sogg.: tratto dal romanzo "Tell me a lie" di Jang Jung Il - Scenegg.: Jang Sun Woo - Fotogr.(Panoramica/a colori): Kim Woo Hyung - Mus.: Dal Palan - Montagg.: Park Gok Ji - Dur.: 112' - Produz.: Shin Chul. VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.

Interpreti e ruoli

Lee Sang Hyun (J), Kim Tea Yeon (Y), Jeon Hye Jin (Woori), Choi Hyun Joo (G), Han Kwon Joo . (il fratello di Y)

Soggetto

Y é una studentessa che ha deciso di perdere la verginità prima di finire il liceo. La sua migliore amica, Woori, ha preso una cotta per J, scultore di 38 anni, uomo stimato e sposato. Ma Woori é troppo timida e perde J a favore di Y. Subito attratti l'uno dall'altra, J e Y si incontrano in albergo dove cominciano una relazione che ben presto arriva a gesti esasperati. In un crescendo incontrollato di totale follia, gli appuntamenti tra i due si svolgono sempre più all'insegna della ricerca di situazioni estreme. Dopo aver passato tre mesi a Parigi con la moglie, J torna a Seul, ritrova Y e insieme riprendono i loro rapporti, nei quali il dolore si confonde con il piacere. Vagando da un motel all'altro, il loro modo di vivere obbliga J a chiedere soldi in prestito per vivere. Di fronte alle insistenze di J, l'umore di Y comincia a cambiare. Vanno insieme a Parigi ma all'aeroporto si separano. Lui resta con la moglie, lei prosegue per il Brasile, dove abita la sorella.

Valutazione Pastorale

E' il film coreano presentato in concorso alla edizione 1999 della Mostra del Cinema di Venezia. Più che esprimere perplessità, si tratta di prendere con chiarezza le distanze da un prodotto offensivo e umiliante che mette im mostra un ignobile campionario sessuale, ammantandolo e giustificandolo con i soliti significati di opposizione alla censura dominante in Corea, di provocazione e (perché no, va sempre bene) di metafora politica. Quando il regista dichiara che il suo film "parla di un tipo di vita, di un tipo di tristezza, della perdita di valori", la risposta é affidata al rifiuto da parte di ogni persona di buon senso di avallare operazioni fuorvianti e inutili. Così non si aiuta nessuno, e anzi si danneggia qualche spettatore meno avveduto. Dal punto di vista pastorale, il film è costantemente malsano ed é da valutare come inaccettabile.
UTILIZZAZIONE: non si vedono possibili forme di utilizzo nè in programmazione ordinaria né in altre occasioni.

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