Orig.: Italia (1999) - Sogg.: Giorgio Molteni, Saverio Strati tratto dal romanzo "La Teda" di Saverio Strati - Scenegg.: Giorgio Molteni - Fotogr.(Panoramica/a colori): Luca Santini - Mus.: Tito Schipa jr. - Montagg.: Carlo Fontana - Dur.: 90' - Produz.: Mario Orfini.
Interpreti e ruoli
Carmine Recano (Filippo), Monica Comegna (Cicca), Elena Paris (Rosa), Elena Fresco . (Carmela), Gianni Federico (Costanzo), Paco Reconti, Loredana Marino, Sandro De Luca, Almerica Schiavo.
Soggetto
Calabria, 1943. A Terrarossa, paese roccioso sull'Aspromonte, arrivano quattro muratori per lavorare nel gruppo incaricato di costruire le prime case popolari. Il lavoro é duro, gli operai anziani vogliono far capire ai giovani che le autorità locali devono rispettare i loro diritti. Tra i nuovi arrivati c'é Filippo, che non si prede d'animo. Comincia a guardare le donne del paese e poi a frequentarle. Sposate e non, sono in molte a cedere: Rosa, poi Carmela, poi Giuseppa. A resistergli c'é solo Cicca, la più bella. Dopo un tentato rapimento di Cicca da parte di Michele, figlio di Spezzacollo, le condizioni atmosferiche volgono al peggio: comincia a piovere e il lavoro si ferma. Intanto Filippo viene sottoposto a interrogatorio. Carmelo e Cicca fanno il compromesso, poi arriva la chiamata alle armi per Pasquale e Michele. Cicca si butta dalla finestra e muore. In seguito all'allagamento, le poche case costruite crollano. Quando passa la pioggia e torna il sole, i pochi rimasti alzano gli occhi, un po' per fatalismo un po' per speranza.
Valutazione Pastorale
All'origine c'é il romanzo "La teda" di Saverio Strati, da cui il film é 'liberamente tratto'. L'insieme della collocazione storica e geografica suscitava qualche giustificato interesse: si andava infatti a gettare l'occhio in zone poco note di una regione già emarginata come la Calabria, e in un periodo cruciale come quello dell'anno 1943. Problemi sociali enormi si affiancano a quelli che toccano il costume, le tradizioni, le relazioni affettive: mentre il tentativo di costruire qualcosa affonda quasi subito e tutto sembra restare affidato al caso, alla fortuna, alla fatalità. Lo sfondo è credibile, lo svolgimento molto meno. La regia di Molteni non ha saputo rinunciare a quelle venature ideologiche sullo sfruttamento degli operai, che parlano di ieri ma guardano all'oggi e restano ibride, irrisolte, banalizzanti. Non convincono l'uso di un dialetto un po' annacquato, i dialoghi qua e là artificiosi, l'assenza dell'atmosfera di guerra. Il racconto vorrebbe storicizzare ma non ci riesce,e m così dentro c'é troppo di tutto: angoscia, squallore, miseria, istanze sociali, qualche vago accenno di metafora. Operazione riuscita a metà, dunque, con l'interesse sul versante più propositivo a rileggere alcune pagine dimenticate della nostra seconda guerra mondiale, per un film che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come discutibile, e nell'insieme velleitario.
UTILIZZAZIONE: più che in programmazione ordinaria, il film si segnala per occasioni mirate, sia nel rapporto cinema/seconda guerra mondiale, sia come occasione per riscoprire il romanziere Saverio Strati.