Orig.: Francia (2002) - Sogg.: tratto dal romanzo "L'avversario" di Emmanuelle Carriere - Scenegg.: Jacques Fieschi, Frédéric Bélier Garcia, Nicole Garcia - Fotogr.(Panoramica/a colori): Jean Marc Fabre - Mus.: Angelo Badalamenti - Montagg.: Emmanuelle Castro - Dur.: 129' - Produz.: Alain Sarde.
Interpreti e ruoli
Daniel Auteuil (Jean Marc Faure), Geraldine Pailhas (Christine), Francoise Cluzet (Luc), Emmanuelle Devos (Marianne)
Soggetto
Francia, all'inizio degli anni Novanta. Jean-Marc, marito di Christine e padre di due figli piccoli Vincent e Alice, esce ogni mattina di casa, dicendo di recarsi in ufficio presso la sede dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. In realtà Jean-Marc non ha lavoro, si è costruito una vita professionale fittizia che dopo molti anni fatica a mandare avanti. Il padre di lei muore subito dopo aver richiesto la restituzione di una somma depositata sul conto di Jean-Marc, e lui si salva. Quindi la coppia acquista una casa in campagna. Più avanti, Jean-Marc invita a cena Marianne, un' amica di Christine, e con lei avvia una relazione. Christine incalza il marito e le sue domande riguardano anche il fatto che il suo nome non figura nell'elenco dell'OMS. A poco a poco Jean-Marc sente che il castello di menzogne da lui costruito sta per crollare. A casa, durante la notte, uccide la moglie mentre sta dormendo. La mattina seguente, chiama a se i due figli, prima Alice poi Vincent, e toglie loro la vita. Quindi esce, va a casa degli anziani genitori, e riserva a loro lo stesso trattamento. Prova infine ad uccidere Marianne, ma con lei si ferma. Scoperti cadaveri, la polizia lo arresta. Inutilmente Jean- Marc cerca di uccidersi.
Valutazione Pastorale
Com'é noto, i fatti sono autentici: il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand, cittadino esemplare, sposo e padre felice, elimina in modo violento tutta la propria famiglia. Da questi eventi uno scrittore trae un romanzo, "L'avversario", che è alla base del copione cinematografico. Se pensiamo che lo stesso episodio aveva ispirato il film di Laurent Cantet "A tempo pieno", si può verificare come uno stesso punto di partenza possa dare luogo a due svolgimenti profondamente diversi. Cantet puntava sopratutto sul tema 'lavoro' o, meglio, mancanza di lavoro come fattore sociale squilibrante e che tuttavia non escludeva una sorta di lieto fine. Qui invece Nicole Garcia si concentra su percorsi tutti psicologici e interiori per disegnare il ritratto della vita angosciante di un individuo che non ha stima di se: é il diagramma di una vita di fuga, di compromesso, di apparenza. La crescita inarrestabile di un dolore crescente è ben condotta, nelle sfumature tese e nervose che Daniel Auteil infonde al protagonista. Ci si chiede chi era Jean-Marc? Uno schizofrenico? uno che sentiva di avere due personalità e non riusciva a dominarle? in ogni caso, un malato o il prodotto di una malattia acquisita negli anni? Va detto che la regia punta tutto sulla freddezza, quasi sull'assenza di passione. Ci si aspetterebbe che alla cronaca si sovrapponesse una lettura, un intervento,una sublimazione dei fatti. Il copione invece si attiene alla enumerazione agghiacciante degli episodi, dei delitti, come in un realismo 'straniato' e lontano. Jean- Marc resta un disadattato, forse un vigliacco. Ma la sofferenza che le immagini trasmettono elimina il sospetto che si voglia fare solo macabro spettacolo di azioni delittuose. Insomma il film assume un punto di vista dal quale si può partire per altre considerazioni e, dal punto di vista pastorale, è da valutare come discutibile, perchè non sempre convincente, ma problematico e adatto a dibattiti.
UTILIZZAZIONE: il film è da utilizzare con cautela in programmazione ordinaria. Più opportuno in altre circostanze, come avvio alla riflesione sui molti argomenti che affronta. Attenzione é da tenere per i minori in occasione di passaggi televisivi.