Orig.: Gran Bretagna (2002) - Sogg. e scenegg.: Tony Grisoni - Fotogr.(Scope/a colori): Marcel Zyskind - Mus.: Dario Marianelli - Montagg.: Peter Christelis - Dur.: 90' - Produz.: Andrew Eaton, Anita Overland.
Interpreti e ruoli
Jamal Udin Torabi (Jamal), Enayatullah (Enayat), Hiddayatullah (fratello di Enayat), Jamau (padre di Enayat), Mirwais Torabi (fratello maggiore di Jamal), Amanullah Torabi (fratello minore di Jamal), Hossain Baghaeian (Nehrooz), Bayram Ariangi (camionista), Kerem Atabeyoglu (poliziotto), Eeham Sekizcan (capo della fabbrica), Nabi Elouhabi . (Yusif)
Soggetto
A Peshawar, al confine con l'Afganistan, la famiglia decide che per Enayatullah è venuto il momento di lasciare il povero campo profughi e di provare a costruirsi un futuro migliore in Inghilterra. Jamal, cugino più piccolo di Enayatullah, riesce a convincere gli adulti a farsi mandare anche lui. Così i due cominciano il viaggio via terra: una scelta che implica molti rischi ma è più economica dell'aereo. Su un camion arrivano in Iran ma qui vengono trovati dall'esercito e rimandati in Pakistan. Riprovano e in autobus giungono a Teheran. Da qui, superato Maku, villaggio di frontiera, e attraversate le montagne, entrano a Instanbul. Dal porto della città turca, nascosti su un traghetto, arrivano a Trieste, quindi in treno vanno fino a Sangatte, vicino a Calais: é il giugno 2002. Enayatullah però non regge, e muore prima dell'ultima tappa. Nascosto in un camion, Jamal attraversa il tunnel sotto la manica e arriva a Londra. Fermato dalla polizia, viene rilasciato con un permesso pro-tempore che prevede che il giorno prima del compimento del diciottesimo anno il ragazzo lasci il Paese.
Valutazione Pastorale
Winterbottom, regista inglese, spiega che uno degli obiettivi del film è quello di "...mostrare al pubblico la differenza tra i rifugiati politici e chi emigra per problemi economici: nel nostro mondo circola ormai un'idea assurda, secondo la quale chi fugge dal proprio Paese perchè minacciato politicamente deve essere accettato e rispettato, mentre chi fugge per fame non ha alcun diritto". Su questa premessa Winterbottom ha girato in esterni in Pakistan, Iran, Turchia con una piccola video camera digitale centinaia di ore di materiale, seguendo quasi in diretta il viaggio dei due protagonisti. Il risultato é un film da leggere sia a livello documentaristico sia a livello di dramma epico-storico-sociale. I due cugini diventano i simboli di una odissea dei tempi moderni fatta di attese, di risvolti dolorosi e di speranze. Andare via del resto non vuol dire perdersi, perchè Jamal tiene contatti telefonici con la famiglia rimasta nel campo profughi, laddove i bambini corrono, gridano e cercano giochi adatti alla loro infanzia. Grande tensione emotiva, commozione, capacità della regia di non cadere nella trappola di dividere i buoni dai cattivi, di saper dire che ci sono gli sfruttatori dei profughi, e che anche nei momenti difficili il raccoglimento interiore e spirituale aiuta a non sentirsi soli. Corretto e narrativamente robusto, il film ha la capacità di restare sui fatti, al fianco dei personaggi, nel vivo dell'azione, senza buonismi nè facili condanne. Dal punto di vista pastorale, è da valutare come accettabile, certo problematico e adatto a dibattiti.
UTILIZZAZIONE: molto valido sotto il profilo della realizzazione (niente uso 'povero' di immagini o di mezzi), il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria e proposto in altre circostanze come avvio ad una riflessione su temi molti attuali.