Orig.: Russia/Germania (2002) - Sogg. e scenegg.: Anatoly Nikiforov, Alexander Sokurov - Fotogr.(Panoramica/a colori): Tilman Buttner - Mus.: Sergey Yevtushenko - Montagg.: Stefan Ciupek, Sergei Ivanov, Betina Kuntzsch - Dur.: 96' - Produz.: Andrei Deriabin, Jens Meurer, Karsten Stoter per Hermitage Bridge Studio; Fora Film; Egoli Tossell Film.
Interpreti e ruoli
Sergey Dreiden (lo straniero), Maria Kuznetsova (imperatrice Caterina), Leonid Mozgovoy (la spia), David Giorgobani (Orbeli), Alexander Chaban (Boris Piotrovsky), Maxim Sergeyev (Pietro il Grande), Natalia Nikulenko . (Caterina I)
Soggetto
Nascosto dietro la macchina da presa, e quindi occhio-guida, un regista entra oggi nell'Hermitage, il grande museo di San Pietroburgo. Un francese, già diplomatico e viaggiatore nell'Ottocento, gli si fa accanto e lo accompagna nella visita. Stanze e corridoi cominciano a succedersi senza sosta. All'interno, oltre ai dipinti di Rembrandt, El Greco, alla sala italiana, ad una statua di Canova, i due assistono a scene di vita, ufficiali e familiari, della corte degli zar. Vedono Pietro il Grande; l'imperatrice Caterina durante le prove di uno spettacolo; lo zar Nicola I mentre riceve le scuse dello scia di Persia tramite il nipote; il direttore dell'Hermitage con il figlio; scrittori nobili e dignitari di vario livello. Un numero imponente di persone si ritrova infine nell'immenso salone di Nikolaevsky, dove si svolge il ballo reale del 1913 al ritmo del valzer suonato dall'orchestra presente sul posto. Quando la musica finisce tutti gli invitati cominciano lentamente a sfollare. Scendono dalle scalinate e si avviano all'esterno. "Io rimango qui: addio Europa" dice il francese. Intorno al museo ora c'é il mare. "Dovremo navigare e vivere per sempre" conclude il regista.
Valutazione Pastorale
Non finisce di stupire Alexander Sokurov, regista in grado di condurre la m.d.p. ad una sorta di dilatazione espressiva che scardina i confini dello spazio-tempo e si fa progetto, protezione, meditazione. Così l'ingresso nell'Hermitage segna l'inizio di un'unica sequenza di 96', uno sguardo che non si ferma, sale e scende, gira su se stesso, passa tra le persone, é invadente e chiede scusa, interloquisce, commenta, assiste attonito a rituali di magnifica forma. L'Hermitage é la madre Russia, lì dentro c'é un'atmosfera che diventa storia, il gioco dell'arte é il gioco del passato. La festa è simbolo, la memoria è felice ma può essere anche nostalgia, morte. Sembra che il cinema, strumento dell'era moderna, voglia violare il passato, facendovi entrare il presente, come in un sogno, in una proiezione onirica. Finito il ballo, la Russia (quella Russia degli zar e dei nobili) va verso la fine, annega. Ma le mura dell'Hermitage sono più solide: dentro c'è anche l'altra Europa, ci sono cultura, creatività, ingegno, c'é una civiltà europea che non può abdicare a se stessa, non può restare senza eredi. Immagini di grande respiro, film commosso, inquietante, visionario, frutto di un'idea di cinema come sintesi di tutti gli altri linguaggi espressivi, come capacità di aggredire l'invisibile nelle pieghe della storia e dell'individuo. Costruito su un'anima pulsante e sull'Europa a due polmoni non separabili (cultura e religione), il film, al punto di vista pastorale, é da valutare come raccomandabile, problematico e adatto a dibattiti.
UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e da recuperare in molte circostanze, sui temi dell'Europa, dell'identità europea, delle culture europee, del confronto con il passato, delle attese per il futuro.