Orig.: Argentina/Cile/Perù/Stati Uniti (2004) - Sogg.: tratto da "Latinoamericana" di Ernesto Guevara e "Un gitano sedentario" di Alberto Granado - Scenegg.: José Rivera - Fotogr.(Panoramica/a colori): Eric Gautie - Mus.: Gustavo Santaolalla - Montagg.: Daniel Rezende - Dur.: 126' - Produz.: Michael Nozik, Edgard Tenembaum, Karen Tenkhoff.
Interpreti e ruoli
Gael Garcia Bernal (Ernesto Guevara de la Serna), Rodrigo de la Serna (Alberto Granado), Mia Maestro (Chichina Ferreyra)
Soggetto
Il 4 gennaio 1952 due giovani amici (il 29enne biologo Alberto Granado e il 22enne Ernesro Guevara studente in medicina) partono da Buenos Aires su una vecchia moto del 1939. Il loro obiettivo é compiere un viaggio di circa 8000 chilometri in 4 mesi attraverso il continente sudamericano. Dopo una sosta nella residenza di Chicina, la ragazza innamorata di Ernesto, i due si addentrano verso il nord. Più volte la moto, chiamata 'la poderosa', incappa in incidenti e subisce danni. Entrati in Cile, passati in una zona sommersa dalla neve e dal freddo, arrivati a quasi 3000 chilometri, la moto si ferma definitivamente, e i due devono proseguire con l'autostop. Passata Valparaiso, attraversano il deserto del Cile, incontrano e parlano con alcuni indios derubati della terra e costretti ad accettare lavori pesanti. Arrivano in Perù, visitano Cuzco, l'antica capitale, sono difronte al Machu Pichu: hanno percorso circa 7000 chilometri. Da Lima, grazie all'intervento del dott.Pesce, si trasferiscono in traghetto all'isola di S.Pablo dove c'è un ospedale per lebbrosi e altri malati gravi gestito da suore. Qui rimangono a lavorare, riscuotendo la fiducia e la stima dei pazienti. Alla fine del periodo Ernesto, che compie gli anni, fa un discorso sulla necessità di un'America unita dal Messico in giù. Arrivati in Colombia i due amici si dividono. Alberto accetta un offerta di lavoro a Caracas. Ernesto torna a Buenos Aires per laurearsi. Si impegnano a rivedersi presto. E' il luglio 1952.
Valutazione Pastorale
Le didascalie conclusive si incaricano di ricordarci che Ernesto e Alberto si rividero quando il primo, diventato il "Che", chiamò il secondo a lavorare a Cuba. Ernesto Guevara, come è noto, fu ucciso in un agguato in Colombia nel 1967, mentre Alberto vive ancora oggi a L'Avana. Se queste informazioni ci mettono di fronte a discorsi di tipo più decisamente ideologico-politico, in ordine ai forti sommovimenti sociali che hanno caratterizzato in quegli anni tutta l'immensa area sudamericana, le due ore della vicenda hanno invece il pregio di lasciarsi andare (e di coinvolgerci) in un viaggio che da geografico diventa di conoscenza, di ricerca di identità, di formazione: un viaggio che mette insieme la scoperta degli altri e quella di se stessi. Nella parte iniziale (fino alla permanenza da Chichina) e in quella finale (con il saluto all'aeroporto e il montaggio sui volti scavati degli abitanti), Salles infonde nelle immagini il brivido dell'incoscienza in un percorso ignoto e la tenerezza della condivisione di dolori e gioie con gli altri esseri umani, la voglia di restituire dignità a chi se l'è vista togliere con la forza. Gli ideali, l'amicizia, l'utopia: il diario scandisce la percezione di queste sensazioni che vibrano nella mente e nel cuore. Quello che é successo dopo lo racconteranno altri. Qui si parla di un termometro delle emozioni che la regia fa battere con una convenzionalità narrativa decisa e provocatoria. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come accettabile, realistico e adatto a dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, e da recuperare come avvio alla riflessione sui molti temi (il Sudamerica, il lavoro, gli anni '50...) che propone.