In Concorso all'80a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2023)
Interpreti e ruoli
Caleb Landry Jones (Douglas ), Jojo T. Gibbs (Evelyn ), Christopher Denham (Ackerman), Clemens Schick (Mike), Alexander Settineri (Richi), Grace Palma (Salma), John Charles Aguilar (El Verdugo), Iris Bry (Madre di Douglas), Lincoln Powell (Douglas bambino)
Soggetto
Stati Uniti oggi, Douglas è un giovane uomo che viene arrestato dalla polizia mentre, vestito da Marylin Monroe, è alla guida di un furgone pieno di cani. Condotto in cella, è interrogato dalla psichiatra Evelyn. Douglas si dimostra subito collaborativo raccontandole la sua storia, a partire dall’infanzia con percosse e violenze psicologiche, richiuso per lungo tempo in una gabbia con diversi cani. Esperienza che lo ha segnato irreparabilmente, facendogli perdere fiducia negli esseri umani ma trovando solido conforto negli amici a quattro zampe…
Valutazione Pastorale
Un titolo che ha lasciato il segno a Venezia80, anche se non ha ricevuto i riconoscimenti sperati. Parliamo dell’intenso dramma esistenziale “Dogman” firmato dal regista francese Luc Besson, autore di opere di risonanza come “Le Grand Bleu” (1988), “Nikita” (1990), “Léon” (1994) e “Il quinto elemento” (1997). Besson torna dietro alla macchina da presa per raccontare una storia di sofferenza ed emarginazione, disegnando un’istantanea sociale del nostro presente nella direzione in cui si era già mosso Todd Phillips con il suo bellissimo e sfidante “Joker” (2019). A ispirarlo, un fatto di cronaca.
La storia. Stati Uniti oggi, Douglas (Caleb Landry Jones) è un giovane uomo che viene arrestato dalla polizia mentre, vestito da Marylin Monroe, è alla guida di un furgone pieno di cani. Condotto in cella, è interrogato dalla psichiatra Evelyn (Jojo T. Gibbs). Douglas si dimostra subito collaborativo raccontandole la sua storia, a partire dall’infanzia con percosse e violenze psicologiche, richiuso per lungo tempo in una gabbia con diversi cani. Esperienza che lo ha segnato irreparabilmente, facendogli perdere fiducia negli esseri umani ma trovando solido conforto negli amici a quattro zampe…
“Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane”. È la riflessione del poeta Alphonse de Lamartine che apre il film di Luc Besson. L’autore si addentra nella società americana per raccontare una storia di privazioni, violenza e di riscatto. Besson compone un quadro sociale livido e tragico, il racconto di un “ultimo” rifiutato da tutti, in primis dai suoi genitori, che trova conforto solo negli amici animali. Douglas – magnifica l’interpretazione di Caleb Landry Jones – è un povero disgraziato che non appare molto distante dall’Arthur Fleck di “Joker”, che alla fine decideva di abbandonarsi alla violenza per vendicare ingiustizie e delusioni subite. In “Dogman” apparentemente la traiettoria sembra simile, dai riferimenti tematici alla messa in scena, compreso lo stile fosco; il film però prende una piega diversa – nonostante la violenza sia un elemento centrale, in linea con “Nikita” e “Leon” –, delineando l’animo di Douglas non incline a perdersi nei sentieri del Male (a differenza di Arthur Fleck), bensì desideroso di guadagnare la pace, di un abbraccio riconciliante. “Dogman” è scandito anche da un ricorrente simbolismo religioso, da alcuni rimandi cristologici, non lontani dalle suggestioni di “The Whale” e “Gran Torino”. Un film denso, sfidante per temi e violenza, marcato anche da poesia. Complesso, problematico, per dibattiti.
Utilizzazione
Adatto per la programmazione ordinaria e per successive occasioni di dibattito. Per la complessità dei temi in campo e scene di violenza, è indicato per un pubblico adulto.