Nato nel 1901, Vittorio De Sica lavora come attore nel cinema tra la fine del muto e gli inizi del sonoro. E’ già molto famoso per il pubblico del grande schermo, quando esordisce come regista nel 1940. Il film è “Maddalena zero in condotta”. Dello stesso anno é ” Rose scarlatte”, quindi seguono “Teresa Venerdì” (1941), “Un garibaldino al convento” (1942), “I bambini ci guardano” (1943). Con questo titolo prende il via la collaborazione con Cesare Zavattini, e nasce una regia che dai prodotti di ‘genere’ precedenti trasferisce sullo schermo uno sguardo rinnovato e profondo, in grado di osservare la realtà da inediti punti di vista. Nel 1944 esce “La porta del cielo”, cronaca di un pellegrinaggio sul treno bianco verso Loreto, un copione al quale, oltre a Zavattini, lavora anche Diego Fabbri. Nel 1946 esce “Sciuscia”, insignito del Premio Oscar, e nel1948 arriva nelle sale “Ladri di biciclette”. L’adesione alla poetica neorealistica tocca il punto più alto. De Sica riesce soprattutto a coniugare la ‘verità’ degli ambienti (una Roma tutta in esterni, da vedere per la zona nord in piena costruzione) con quella della recitazione (il genitore è Lamberto Maggiorani, il figlio Bruno è Enzo Scaiola, entrambi esordienti, non professionisti, ossia non attori). Maggiorani, incoraggiato dai complimenti, proseguirà una carriera a singhiozzo.
Nel la scheda pubblicata in quella occasione dal Centro Cattolico Cinematografico si legge tra l’altro: “Dal punto di vista morale, osserviamo che il lavoro è ispirato ad un pessimismo eccessivo. Manca qualsiasi accenno al conforto della fede; mentre la descrizione satirica della “mensa del povero” appare del tutto inopportuna e non rispondente a verità. Il film mette a nudo reali storture e brutture; ma il modo con cui sono prospettare certe situazioni e certi problemi sociali rende il lavoro pericoloso per un pubblico impreparato (…) (Cfr. Segnalazioni Cinematografiche, vol. XXIV, n.22-1948, pag. 175).
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