Domani 6 settembre passa l’ultimo film in concorso, l’arabo Les Terrasses, il numero venti della sezione principale. Quello delle previsioni sui vincitori è un gioco che si può continuare a fare ma senza molto costrutto. Più utile sembra cominciare, a evento ancora in corso, una prima, non esaustiva riflessione su ciò che si visto finora. Il 28 luglio scorso, dopo la conferenza stampa a Roma di presentazione del programma, nel renderne conto si era scelto il titolo “Cinema, specchio di una realtà senza prospettive né futuro”. Oggi, a film quasi tutti visti, quella impressione può essere confermata, ma con una precisazione: c’è una realtà contemporanea fatta di asprezze, scontri, incomprensioni, ma, di fronte a questa, si pone un cinema che non si limita ad assolvere il doveroso compito di farne la cronaca, di registrarne carenze e assenze ma ne accresce l’angoscia con uno stile che, in sintesi, cede a quello che è il peggiore dei diktat espressivi di questo decennio: il far vedere, che significa parlare di qualcosa e mostrarla in tutti i minimi dettagli, senza sconti né sfumature. Se la famiglia è in crisi, importante è raccontare situazioni nelle quali tra genitori e figli corrono i peggiori rapporti, e proseguire su questo versante. Se la società dei consumi ha creato vertigini di differenze tra i singoli e chi decide per tutti, ecco che un individuo si ribella e la sua legittima ribellione è pretesto per mettere in immagini i momenti più turpi della sua gestualità, tra necrofilia e altri più innominabili atteggiamenti . Insomma “far vedere” tutto e a tutti costi, anche quando non risulta strettamente necessario. E’ un cambiamento non da poco, nell’ottica della circolazione dei film e del loro rapporto con il pubblico. Sarà molto difficile far giungere agli spettatori il cuore dei problemi e la constatazione che sono situazioni reali, che non vanno nascoste né ignorate ma sarebbero da proporre in un’ottica non solo distruttiva e angosciante, con l’unico accumulo del peggio. Dentro al monolitico approccio agli argomenti emerge un nuovo modo di scrivere il cinema, di comporre il racconto, di mettere insieme parole e immagini. Ma bisognerà riparlarne. Almeno dopo la proclamazione dei vincitori. Per capire chi la giuria presieduta da Bernardo Bertolucci ha ritenuto degno del Leone d’oro.
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