In questo nuovo appuntamento con l’Anno della Fede, ci occupiamo di “Diario di un curato di campagna”. Prodotto in Francia nel 1950, il film è diretto da Robert Bresson, nato nel 1907, esordiente nel 1943 con “La conversa di Belfort”, cui fa seguito nel 1944-45 “Perfidia”. Il terzo film del quarantenne regista è tratto dall’omonimo romanzo di Georges Bernanos, pubblicato nel 1936. Scrittore importante nel panorama letterario francese, Bernanos muore nel 1948 e non può così esprimere un parere sulla sceneggiatura. Al di là di opinioni molto discordanti, Bresson dirà in seguito: “ (Io e Bernanos) siamo cristiani entrambi: questa è già una comunione di interessi, una affinità elettiva. Ma ciò che mi attrae maggiormente in lui è l’assoluta mancanza, nei suoi romanzi, di psicologismo letterario. Il cinema non deve infatti, secondo me esprimersi con le parole ma deve trapelare attraverso le immagini .(…)” . (Rivista del Cinematografo, 1970, n°6). Il racconto comincia quando “un giovane sacerdote, appena uscito dal seminario, viene chiamato ad esercitare il suo ministero, come parroco, ad Ambricourt, modesto villaggio francese. Egli è deciso ad ispirare la sua azione non semplicemente alla lettera, ma allo spirito del Vangelo; ma questo suo atteggiamento lo mette in contrasto con i parrocchiani (…)”. Il curato sopporta una terribile sofferenza fisica. Quando decide di consultare un medico in città, apprende di avere un cancro. Lascia allora la parrocchia e si rifugia presso un suo ex compagno di seminario, ora spretatosi. Qui, prima di morire conclude le pagine del proprio diario, con la frase: “Che importa, TUTTO E’ GRAZIA”. La scelta per un Vangelo asciutto, semplice, misericordioso è ancora oggi forte e coinvolgente, e il film, toccato da una spiritualità aspra e provocatoria, parla con metodo e sentimento alla nostra contemporaneità.
Nella scheda preparata dal Centro Cattolico Cinematografico, si legge: “Il film narra la storia di un giovane sacerdote, che oppresso da sofferenze fisiche, amareggiato dall’incomprensione altrui, dopo aver lottato strenuamente, trova la pace nella totale offerta di sè alla volontà di Dio. E’ un dramma di alta spiritualità; ma alcuni episodi di peccato consigliano una riserva. La visione è ammessa per tutti, esclusi i giovanissimi. (Segnalazioni Cinematografiche, vol. XXXI – 1952, pag. 180.)
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