Orig.: Italia (2015) - Sogg. e scenegg.: Giovanna Mori, Leone Pompucci - Fotogr.(Scope/a colori): Marco Pieroni - Mus.: Paolo Vivaldi - Montagg.: Mauro Bonanni, Giacobbe Gamberini - Dur.: 85' - Produz.: Stefania Bifano per Titania Produzioni srl.
Interpreti e ruoli
Ida Di Benedetto (Maria Celeste), Alessia e Ilaria Santacroce (le due neonate che si alternano nel ruolo di Leone), Carla Signoris (Clara), Catrinel Marlon (Giulietta), Augusto Fornari (Riccardo), Mariano Rigillo (Renato), Domenico Diele (Antonio Rossetti), Silvana Bosi (Angelo d'oro), Stefano Fresi (veterinario)
Soggetto
Maria Celeste, vedova intorno ai 60 anni, un giorno esce dalla casa di cura in cui vive da tempo, si addormenta su una panchina vicino alla stazione ferroviaria e viene svegliata bruscamente da una ragazza che le mette tra le braccia un bimbo e scappa via. Da quel momento molti destini sono destinati a cambiare...
Valutazione Pastorale
Il gesto iniziale potrebbe innescare vicende di vario tipo. La ragazza è infatti una straniera, fa la prostituta e cerca palesemente di togliersi un impiccio non desiderato. Il versante sociale e di denuncia che sembrerebbe il più immediato viene invece messo da parte. Al quarto film per il cinema ("Mille bolle blu", 1993; "Camerieri", 1995; "Il grande botto", 2000), Leone Pompucci sceglie da subito la strada di un realismo angosciato e introverso, opta per una fotografia dai colori seppia virati sul grigio, pedina una visionarietà confusa eppure di grande efficacia descrittiva. Il personaggio di Maria, cui offre volto intenso e corrucciato Ida Di Benedetto, è affidato ad una dinamica di gesti e spostamenti caratteriali che lattrice calibra, facendone una sorta di Anna Magnani del terzo millennio, prototipo della donna sofferente, resa ostile dalle rinunce e dai rimorsi. Il girovagare della protagonista apre gli spazi per una scelta narrativa che accumula sogni e speranze, uscendo dalla cronaca per affidarsi ad un deciso scenario onirico. Nel quale trovano posto figure palesemente simboliche (il felliniano elefante che gira per le strade, le anziane che commentano...) dentro scenari di eloquente e talvolta eccessivo compiacimento drammatico. Imboccata la strada della metafora, Pompucci vi resta attaccato, forse rischiando qualcosa in termini di credibilità e attenzione. Ma si tratta di un coraggio espressivo da seguire con attenzione perché rivolto a supportare il clima da 'fine del mondo' che incornicia il copione. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni, anche mirate per cineforum, come prodotto italiano di buona e curiosa originalità.