Orig.: Cina/Francia (2015) - Sogg. e scenegg.: Zhao Liang, Sylvie Blum - Fotogr.(Panoramica/a colori): Zhao Liang - Mus.: Huzi, Alain Mahé, Mamer - Montagg.: Fabrice Rouaud - Dur.: 90' - Produz.: Sylvie Blum per INA in coproduzione con Arte France - 72^ MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DELLA BIENNALE DI VENEZIA 2015, CONCORSO, PREMIO SIGNIS, PREMIO GREEN DROP.
Interpreti e ruoli
Zhao Liang . . (il narratore)
Soggetto
Guidati dal regista, entriamo negli immensi territori dell'altipiano della Mongolia. Enormi macchinari sono all'opera per creare le migliori condizioni all'industria mineraria. Si scava, si spianano terreni e colline, si eliminano distese erbose. Mentre prosegue questo lavoro, l'accumulo di cenere e l'infernale frastuono provocato dalle trivelle costringono i pochi pastori rimasti e le loro famiglie alla scelta di andare via. Intanto i minatori proseguono nell'incessante lavoro di estrazione del carbone dalle montagne rocciose e nelle fonderie gli operai lavorano in un'aria quasi irrespirabile. Molti si ammalano e sono ricoverati in ospedale con poche possibilità di guarigione. Così si vive nella città fantasma di Ordos.
Valutazione Pastorale
Quando il viaggio di Zhao Liang comincia, si fa qualche fatica a individuare esattamente dove ci troviamo. La prima impressione è quella di essere in un mondo a parte, in un territorio isolato e fuori da qualunque contesto civile. Da subito la voce del regista fuori campo assume toni gravi e carichi di preoccupazione. "Nel mezzo del cammin di nostra vita...": l'incipit del poema dantesco echeggia negli spazi infiniti di una zona vasta e devastata, punto di partenza per un viaggio terribile, carico di minacce e pericoli. Novello Virgilio, Zhao Liang osserva, commenta e cerca di aiutarci a stare vicini ad una popolazione indifesa, violentata, priva di difese e protezione. Anche queste persone sognano la felicità, o almeno la speranza di raggiungerla. Ed è lo stesso desiderio che accomuna uomini e donne in ogni parte del mondo, laddove la volontà di vivere una vita semplice e in pace si scontra con tristi progetti di sconvolgimento dell'ordine naturale delle cose. Colpisce e lascia il segno il tratto acuto, aspro e inquieto delle immagini, una sorta di ritratto di un mondo degradato prossimo alla fine. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia 2015, il film ha ricevuto all'unanimità il Premio SIGNIS dalla Giuria presieduta dal belga Freddie Sartor. Con la seguente motivazione: "Per la sua capacità di illuminare in maniera poetica le conseguenze dell'industrializzazione forzata che danneggiano in maniera irreparabile la vita umana, soprattutto i poveri. Il regista con coraggio e lucido sguardo mette in evidenza la condizione disagiata dei lavoratori migranti, dell'ambiente e della società tutta. Il film è una rappresentazione visiva dell'Enciclica di Papa Francesco sull'ambiente e il creato così come delle responsabilità dei governi e dei singoli individui nel rispetto della Terra. Se un film può essere definito una preghiera, allora Behemoth sgorga dalla profondità dell'anima di un artista che parla delle sofferenze di coloro che sono senza nome".
Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte successive occasioni come prodotto di alto livello formale e contenutistico, come sintesi di cinema, poesia e filosofia in un'ottica di denuncia dell'irrazionalità di scelte politiche e sociali.