Orig.: Italia/Francia (2014) - Sogg.: Francesco Munzi e Fabrizio Ruggirello tratto dal romanzo omonimo di Gioacchino Criaco - Scenegg.: Francesco Munzi, Fabrizio Ruggirello, Maurizio Braucci - Fotogr.(Scope/a colori): Vladan Radovic - Mus.: Giuliano Taviani - Montagg.: Cristiano Travaglioli - Dur.: 103' - Produz.: Luigi Musini, Olivia Musini per Cinemaundici e Babe Films.
Interpreti e ruoli
Marco Leonardi (Luigi), Peppino Mazzotta (Rocco), Fabrizio Ferracane (Luciano), Barbora Bobulova (Valeria), Anna Ferruzzo (Antonia), Giuseppe Fumo . (Leo)
Soggetto
Ai giorni nostri: si comincia dall'Olanda, si passa per Milano, si arriva in Calabria sulle vette dell'Aspromonte. Lungo questo percorso si muovono tre fratelli, figli di pastori, vicni alla 'ndrangheta. Luigi, il più giovane, è un trafficante internazionale di droga; Rocco, milanese adottivo, fa l'imprenditore grazie ai soldi sporchi del primo; Luciano, il più anziano, è appartato e pieno di dubbi sulla vita che tutti conducono. Suo figlio Leo, venti anni, conserva su di sè rancore, rabbia, voglia di farsi giustizia. Per un futile motivo compie un atto intimidatorio contro il proprietario di un bar protetto dal clan rivale. Sembra poca cosa ma è la scintilla che fa divampare l'incendio. Luigi e Rocco finiscono ammazzati, Luciano uccide Leo e, forse si eliminerà da solo...
Valutazione Pastorale
Opportunamente Munzi precisa: "Ho girato ad Africo, nel paese che la letteratura giudiziaria e giornalistica stigmatizza come uno dei luoghi più mafiosi d'Italia, uno dei centri nevralgici della 'ndrangheta calabrese.(...) Ho chiesto di aiutarmi allo scrittore del romanzo da cui il film è liberamente tratto (...). Africo ha avuto una storia di criminalità molto dura che però può aiutare a comprendere tante cose del nostro paese. Da Africo si può vedere meglio l'Italia". Un film incentrato sulla ricostruzione di una realtà totalmente negativa e autodistruttiva acquista senso solo di fronte ad una forte capacità di sintesi, di concretezza, di metafora dell'assunto narrativo. Fatta la scelta di un copione delicato e difficile al limite dell'ambiguità descrittiva, Munzi rivela polso fermo e robuste dosi di messa in scena nel raccontare fatti che dalla finzione iniziale costeggiano la realtà e provano nel finale a tornare all'idea di una criminalità intesa come "male" universale, come condanna ancestrale e primigenia, quasi impossibile da cancellare se non nell'ottica di una palingenesi totale e crudele.In questo mondo 'a parte', atterrito dalla propria violenza, impaurito dal fare scelte che implicano un cambiamento di etica e di morale, lo sguardo del regista non può emettere sentenze. Se ne tiene lontano infatti Munzi, e il suo finale ci lascia sospesi e incerti su quale Italia si possa vedere meglio da quell'osservatorio. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film, che era in concorso a Venezia 71, è da utilizzare in programmazione ordinaria e da recuperare in successive occasioni per avviare riflessioni sui molti temi che propone, di taglio storico, sociale, letterario, anche cinematografico. Il racconto è inevitabilmente per più versi anche crudo, e quindi molta attenzione è da tenere per minori e piccoli in vista anche di passaggi televisivi o di uso di dvd e di altri supporti tecnici.