Orig.: Gran Bretagna/Belgio (2016) - Sogg. e scenegg.: Terence Davies - Fotogr.(Scope/a col.): Florian Hoffmeister - Mus.: brani di autori vari - Montagg.: Pia Di Ciaula - Dur.: 125' - Produz.: Roy Boulter, Sol Papadopoulos per Hurricane Films, Potemkin - 66^ FESTIVAL D BERLINO 2016 SEZIONE 'BERLINALE SPECIAL GALA', 34^ TORINO FILM FESTIVAL 2016 SEZIONE 'FESTA MOBILE'.
Interpreti e ruoli
Cynthia Nixon (Emily Dickinson), Jennifer Ehle (Vinnie Dickinson), Keith Carradine (Edward Dickinson), Jodhi May (Susan Gilbert), Catherine Bailey (Vryling Buffam), Joanna Bacon (Emily Norcross), Eric Loren (Reverendo Wadsworth), Sara Vertongen . (sig.na Lyon)
Soggetto
Uno squarcio sulla vita di Emily Dichinson, nata nel 1830, autrice di 1800 poesie e per la maggior parte della sua vita vissuta nella tenuta dei genitori a Amherst, nel Massachusetts...
Valutazione Pastorale
Terence Davie è regista di pochi ma molto intensi titoli. Pluripremiato per l'opera prima "Voci lontane...sempre presenti" (1988), ha poi girato con successo "Il Lungo giorno finisce" (1992). Dopo, la sua produzione ha cominciato a diradarsi (4 film negli anni 1995-2015), rendendo la sua attività sporadica e poco presente, pur mantenendo un bel tono autoriale. Che il regista inglese conservi un impatto narrativo robusto e una forza espressiva in grado di muoversi su differenti registri (a 73 anni) lo dimostra il film di oggi, girato nel 2016 e dedicato e ridare smalto e vigore caratteriale a Emily Dickinson, poetessa americana dalla biografia tanto monocorde quanto tormentata. Nata a Amherst vicino a Boston, nel Massachusetts, nel 1830, rientrata a casa dopo un periodo passato in un rigido collegio cattolico femminile, Emily vive nella villa di famiglia in pratica tutto il resto della vita, con l'unica consolazione delle poesie che spezzano i suoi ritmi quotidiani. Ma mettendo in evidenza un carattere spigoloso e scontroso, poco incline alla dialogo anche verso fratello e sorella. Sul persistere e anzi sull'aumentare di queste difficoltà, capaci di renderla antipatica e ostile ai pochi frequentatori di villa Dickinson, il copione procede in modo analitico e psicologico, arrivando a delineare il prevalere di tensioni al limite dell'offensivo, subito seguite da inopportuni pentimenti. Dovendo muoversi in un reticolo di emozioni e di suggestioni di non facile comprensione, Davies si affida ad una regia minuziosa e scarnificata, adatta ad un unico ambiente fisso senza mutamenti invadenti. Le mura, le stanze, il giardino diventano una sorta di coprotagonisti, testimoni muti ma eloquenti di una vita difficile e sofferta. La poetessa, consapevole del volersi affermare in un ambito del tutto proibito alle donne, sente acuirsi dentro un dolore crescente. Quello che, fatto di progressive rinunce e di amarissime sottrazioni, la porterà alla morte all'età di appena 56 anni. Girato con mano salda e sprazzi di bel cinema (tagli di inquadrature, campi lunghi appropriati), il film è da valutare, dal punto di vista pastorale, come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
UTILIZZAZIONE: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria per un pubblico che predilige il bel cinema d'autore, confezionato molto bene e con molte pagine di senso. Anche per affrontare una riflessione su una figura di poetessa oggi ingiustamente poco valorizzata come Emily Dickinson.