Dopo l’abbuffata cinematografica tra Natale e l’Epifania, ritorniamo alle uscire regolari in sala ogni giovedì. Puntuale dunque la rubrica di cinema del Sir e della Commissione nazionale valutazione film Cei, che propone quattro film da vedere nel fine-settimana tra il 10 e il 13 gennaio: la commedia “Il gioco delle coppie” di Oliver Assayas su relazioni e lavoro al tempo dei digital media, il poliziesco “City of Lies. L’ora della verità” di Brad Furman, la commedia a sfondo malavitoso “Non ci resta che il crimine” di Massimiliano Bruno e il dramma fantastico “Benvenuti a Marwen” di Robert Zemeckis.
“Il gioco delle coppie”
“Il gioco delle coppie” (“Double vie”) è una riuscita commedia francese con sguardo sociale firmata Oliver Assayas, premiato autore per “Qualcosa nell’aria” e “Personal Shopper”. “Il gioco delle coppie”, reduce dalla 75ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, propone una riflessione sul gap che siamo chiamati a vivere tra l’incalzante ascesa dei digital media e la loro non facile integrazione nelle dinamiche lavorative e relazionali. È una storia corale nella Parigi di oggi, nel mondo dell’editoria, con i suoi meccanismi e cambiamenti dovuti al propagarsi della cultura digitale; nella storia non mancano istantanee di coppie e famiglie, tra sincerità e tradimenti. Il film è sorretto da un cast di attori di primo piano: Juliette Binoche e Guillaume Canet. Scritto con attenzione e acume da Assayas, il film coglie l’urgenza di adeguarsi al cambiamento tecnologico, ma rinnova l’importanza di non far deragliare l’incontro vero. Dal punto di vista pastorale il film è complesso, problematico e adatto per dibattiti.
“City of Lies. L’ora della verità”
Il regista Brad Furman si ispira al libro di Randall Sullivan “Labyrinth” per raccontare la storia vera dei rapper Notorius BIG e Tupac Shakur nel film “City of Lies. L’ora della verità”. I due cantanti afroamericani sono stati uccisi sul finire degli anni ’90 e il detective Russell Poole (Johnny Deep) segue le indagini cercando di fare chiarezza; molti ostacoli e depistaggi, però, lo inducono a lasciare la Polizia. Anni dopo, il giornalista Jackson (Forest Whitaker) riaccende l’attenzione sul duplice omicidio e sul lavoro di Poole. Un film chiaramente di taglio investigativo, che mette in fila i consueti topos narrativi: lo scontro tra bianchi e neri, i diritti degli afroamericani e la corruzione a tutti i livelli nella Polizia. Il quadro che emerge è quello di un’America nella quale il male dilaga a macchia d’olio e gli scenari sembrano ancora troppo simili a quelli del western. I due personaggi principali possiedono una marcata negatività e disillusione (forse troppa). Dal punto di vista pastorale, il film è complesso, problematico e per dibattiti.
“Non ci resta che il crimine”
Torna Massimiliano Bruno, regista di riuscite commedie come “Nessuno mi può giudicare” e “Viva l’Italia” nonché pagine più sociali come “Gli ultimi saranno ultimi”. Con “Non ci resta che il crimine” rilegge il concept “Non ci resta che piangere” del duo Troisi-Benigni, aggiungendo suggestioni da “Romanzo criminale” e “Ritorno al futuro”: il risultato è un viaggio nella Roma degli anni ’80 ai tempi della Banda della Magliana con protagonisti gli attori del momento Alessandro Gassmann, Edoardo Leo e Marco Giallini. Narrativamente non tutto funziona alla perfezione, ma va dato merito a Bruno di aver scommesso su un tracciato di commedia poco esplorato. Nell’insieme il film è godibile e scoppiettante, con raccordi anche più seri, legati alla storia del Paese. Il rischio, però, è che la performance degli attori si mangi il racconto. Film consigliabile e sostanzialmente brillante.
“Benvenuti a Marwen”
Il regista statunitense Robert Zemeckis, autore di capolavori come “Ritorno al futuro”, “Forrest Gump” e “Cast Away”, ha realizzato una storia di denuncia, la vicenda dell’artista Mark Hogancamp, adottando uno stile da favola fantastica. “Benvenuti a Marwen” racconta la storia vera di Hogancamp, aggredito brutalmente in un bar e ridotto in condizione precarie, che riversa tutto il proprio dolore e sconforto in installazioni con pupazzi; i giocattoli nel film trovano animazione e interazione con lui, accompagnandolo in un percorso di riscatto. Sempre bravo Steve Carrell, che si mette in gioco con una gamma di sfumature ed emozioni; occhio anche all’imminente “Beautiful Boy”, dove Carrell è un padre coraggioso che cerca di salvare il figlio dalla tossicodipendenza.
Articolo originale pubblicato su Agenzia SIR
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