Film in concorso al 72° Festival di Cannes
Interpreti e ruoli
Pierfrancesco Favino (Tommaso Buscetta), Maria Fernanda Candido (Cristina, la moglie di Buscetta), Fabrizio Ferracane (Pippo Calò), Luigi Lo Cascio (Totuccio Contorno), Fausto Russo Alesi (Giovanni Falcone), Nicola Calì (Totò Riina), Giovanni Calcagno (Tano Badalamenti), Bebo Storti (Franco Coppi, avv. Andreotti), Vincenzo Pirrotta (Luciano Liggio)
Soggetto
All’inizio degli anni ’80 una guerra dura e spietata è in corso in Sicilia tra i boss della mafia per il controllo del traffico della droga. Tommaso Buscetta fugge per nascondersi in Brasile e da lontano assiste impotente all’uccisione a Palermo di due suoi figli e del fratello…
Valutazione Pastorale
Si comincia negli anni ’80 e si finisce nel 2000 a Miami, dove Buscetta vecchio e malato, sempre in ansia per qualche possibile vendetta, muore invece a causa della sua malattia. Siamo di fronte dunque ad un ‘biopic’, una biografia dell’ultimo periodo di vita di colui che venne definito “Il Boss dei due mondi”. E il racconto passa quasi subito attraverso il fondamentale momento della scelta di collaborare con la giustizia italiana, fare rivelazioni e permettere l’arresto di 475 imputati. Quel ‘maxi processo’ (come fu chiamato) rappresenta il fulcro della narrazione: perché Bellocchio getta su quell’aula bunker uno sguardo acuto e indagatore, scruta in primo piano facce, occhi, espressioni, stati d’animo, fa emergere rancori, disappunti, falsità e mezze verità, secondo un copione che trascorre dalla malcelata voglia di rivincita a una propensione al perdono svogliata e un po’ ipocrita. Nei partecipanti alla messa in scena ci sono tante tipologie che prefigurano una rumorosa caduta nel vortice del bene e del male. C’è Giovanni Falcone, sulla cui nobile figura si accanisce la sceneggiatura (quando lui e Buscetta si stringono la mano in un gesto quasi di pace; quando alla notizia del tremendo attentato che toglie la vita a lui, alla moglie e alla scorta, in una casa amici e sodali festeggiano e brindano a quell’episodio, sputando di gioia verso il teleschermo). Ci sono certamente tante cose, e c’è, da sottolineare, la regia asciutta, dura con toni visionari a cui Bellocchio affida le immagini, scavate nel solco di una Sicilia dalla drammaturgia epica e quasi mitica se non fosse realistica; e c’è Pier Francesco Favino, che è un Buscetta rabbioso e condiscendente, spietato e non riconciliato, perfetto nel ruolo del ‘traditore’, quasi inconsapevole e controvoglia. Film di potente impatto, che è da valutare, dal punto di vista pastorale, come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte altre occasioni per affrontare riflessioni sul rapporto cinema - storia di un regista importante, dalla filmografia densa e talvolta provocatoria come Bellocchio, e su un argomento difficile e delicato come la mafia nella storia d’Italia.