Un Leone che ha messo tutti d’accordo. Il seducente e disturbante “Joker” di Todd Philips, con un superlativo Joaquin Phoenix, ha ottenuto il premio più importante alla 76ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia. Visibilmente contenta la presidente della giuria Lucrecia Martel, che così spazza via ogni ombra di tensione sui verdetti. Si piazza secondo il veterano del cinema europeo Roman Polanski con il suo “J’accuse”. Grandi applausi poi ai migliori attori Luca Marinelli (“Martin Eden”) e Ariane Ascaride (“Gloria Mundi”), che sul palco fanno due dichiarazioni simili, due vibranti messaggi sulla condizione dei migranti oggi, ricordando i tanti marinai che non si stancano di compiere salvataggi tra le onde ma anche tutti coloro che hanno perso la vita nel Mediterraneo. Ecco un bilancio sulla premiazione di Venezia 76 dell’Agenzia Sir e della Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) della Cei, che per undici giorni hanno raccontato film ed eventi in diretta dal Lido.
“Joker”, un Leone anticamera dell’Oscar
Lo hanno capito tutti subito quando Luca Marinelli ha alzato la Coppa Volpi come miglior attore, lasciando all’asciutto in sala il divo americano Joaquin Phoenix: il suo “Joker” diretto da Todd Philips aveva agguantato il Leone d’oro. Serviva solo l’annuncio ufficiale. Quando si è infatti incoronati vincitori del Festival con il premio più importante, non vengono assegnati ulteriori riconoscimenti al film. Un “sacrificio” quello di Phoenix che sarà certamente ripagato con la lunga e fruttuosa corsa verso l’Oscar 2020.
“Joker” è un film ad alto budget della Warner, che prende le mosse dai fumetti DC e dalla saga cinematografica di Batman. Ma non ha nulla a che vedere con quell’universo narrativo. È una storia introspettiva incentrata sulla figura del comico squattrinato Arthur Fleck, vessato sul lavoro, dalla vita solitaria. Uno scartato dalla società, con un curriculum di traumi infantili senza precedenti, che prova a rompere il muro di gomma con il prossimo, con il mondo fuori, ma viene sempre respinto a calci. Così, Arthur cede a se stesso e trasforma la sua maschera da clown gioioso in quella di un pagliaccio folle e vendicativo: Joker. Film dalla regia convincente e visionaria, che poggia per più della metà sulla performance di Phoenix: imbarazza per quanto è bravo. Resta solo perplessità sull’assenza di speranza nel racconto, sul forzare lo spettatore ad aderire alla tesi che non ci sia altra via per Arthur che la violenza. E questo è problematico.
Le conferme del palmares
Nel resto della premiazione tra le conferme il super favorito “J’accuse” di Roman Polanski, Gran premio della giuria, che con il secondo riconoscimento più prestigioso della Mostra azzera le polemiche inziali per la figura del regista, innescate dalla presidente Martel. Al di là di tutto, quella di Polanski rimane una grande lezione di cinema, con una regia solida e competente nonché una gestione del plot narrativo di grande rigore e trasporto. Polanski ha preso un caso storico, lo scandalo Alfred Dreyfus nella Francia di fine XIX secondo, trasformandolo in un serrato legal thriller con un bravissimo Jean Dujardin paladino di verità e giustizia. Abbiamo già indicato le Coppe Volpi a Luca Marinelli e Ariane Ascaride. Il primo segna così un punto di svolta nella propria carriera dopo un decennio di ruoli in crescendo; ora si apre per lui la fase della maturità artistica. Per la Ascaride è invece il riconoscimento di una grande carriera, condivisa soprattutto con il marito regista Robert Guédiguian, che le ha regalato il ruolo di nonna-madre coraggio nel film “Gloria Mundi”. Grande applauso in sala per il premio Marcello Mastroianni all’attore rivelazione Toby Wallace, protagonista del dramedy “Babyteeth” di Shannon Murphy, opera che ha vinto anche premio cattolico internazionale Signis. Un racconto di formazione che supera malattia e smarrimento nelle droghe per abbracciare un orizzonte di speranza.
Le sorprese e chi è rimasto fuori dal podio
La prima sorpresa è la vittoria per la miglior regia di Roy Andersson con il suo “About Endlessness”. L’autore rivelazione della Mostra 2014 con “Il piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza”, omaggiato dal Leone d’oro, si presenta in concorso con un film sullo stesso binario del precedente, con il medesimo stile amaro e grottesco che però incede con stanchezza e poca incisività. La trama poi è fin troppo sfilacciata. Rimanendo sulla migliore regia, ci si chiede perché sia stato ignorato Steven Soderbergh con l’acuto “The Laundromat” o lo stesso Guédiguian. Anche l’autore del noir cinese “Saturday Fiction”, Lou Ye, poteva ben concorrere al premio. L’Osella per la migliore sceneggiatura è stata assegnata al film d’animazione di Hong Kong “N. 7 Cherry Lane” di Yonfan. L’opera ha grande fascino e passaggi poetici, ma non spicca tra quelle con la miglior scrittura.
Il premio ha un sapore più politico, perché il regista Yonfan dal palco ha lanciato un messaggio accorato per la sua tumultuosa Hong Kong. Pur cogliendo l’importanza di questa operazione di sensibilizzazione, a nostro avviso però il film “Marriage Story” scritto e diretto dallo statunitense Noah Baumbach poteva essere più adatto: i suoi dialoghi sulla crisi di coppia sono frizzanti e intensi. Peccato.
Senza dubbio nobili le intenzioni del documentario di inchiesta dell’italiano Franco Maresco, “La mafia non è più quella di una volta”, che fotografa la persistenza della malavita nella Palermo a 25 anni da Capaci e via D’Amelio. È senza dubbio bello e importante trovare l’Italia sul podio del Festival, ma per noi il suo film non era tra i più riusciti.
Punto finale su Venezia 76
Anche quest’anno la Mostra del Cinema della Biennale di Venezia ha confermato di essere viva e in splendida forma. Il lungo lavoro di rilancio e riposizionamento operato dal presidente Paolo Baratta e dal direttore artistico Alberto Barbera ha portato meritati frutti: la qualità della selezione, in primis Concorso e Orizzonti, è stata elevatissima; lode poi alla pianificazione di film e star al Lido, che ha permesso una costante tensione e attrazione sul Festival. Le giornate per giornalisti, addetti ai lavori ma anche studenti e appassionati di cinema sono state dai ritmi febbrili ma segnate da incanto ed emozione. Un grande evento che si conferma tra i più importanti al mondo con Cannes e Berlino. Appuntamento allora a settembre 2020 con Venezia77.
Articolo originale pubblicato su Agenzia SIR
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