Sognando “Broadchurch”. Lo sanno bene gli inglesi quali sono le regole del crime e del legal thriller. Tra le produzioni più interessanti degli anni Duemila c’è infatti “Broadchurch”, serie targata ITV (3 stagioni, tra il 2013 e il 2017) che ha lanciato a livello internazionale Olivia Colman – oggi regina Elisabetta II in “The Crown 3” – e David Tennant: un intricato giallo in una piccola cittadina inglese dove avviene l’omicidio dell’undicenne Danny; depistaggi e mezze verità rendono tutti i cittadini potenziali indiziati e il lavoro dei poliziotti Alec ed Ellie diviene una corsa contro il tempo. La stagione 2, in particolare, è tutta giocata nelle aule di tribunale (con la bravissima Charlotte Rampling), rendendo il legal thriller assolutamente mozzafiato. E proprio su questo binario sembra indirizzarsi la nuova serie di Mediaset “Il processo”, nata dalla collaborazione con il produttore cinematografico Lucky Red. Protagonisti sono Vittoria Puccini, Francesco Scianna e Camilla Filippi, mentre la regia è di Stefano Lodovichi (“Il cacciatore”).
Pm alla resa dei conti. Siamo nella città di Mantova ed Elena Guerra (Puccini) è un affermato Pm che vive un momento di affanno, vedendo il proprio matrimonio andare a rotoli. Giunta alla scelta di prendersi un’aspettativa per partire con il marito Giovanni (Maurizio Lastrico) alla volta di New York, decide di seguire un ultimo caso, l’efferato omicidio di una diciassettenne. Principale accusata è la ricca Linda Monaco (Filippi), difesa dal cinico avvocato Ruggero Barone (Scianna). Il tribunale diventa il campo di battaglia per la ricerca della verità e l’affermazione della giustizia.
Pros&Cons. A firmare la serie di Canale 5 “Il processo” (8 episodi in 4 prime serate), in onda da venerdì 29 novembre, è Alessandro Fabbri, sceneggiatore attivo tra cinema e Tv: suoi sono “La doppia ora”, “Il ragazzo invisibile”, “In Treatment” e “1992-1994”. C’è un evidente tentativo di realizzare un prodotto attuale e di respiro internazionale, rispettando le principali regole narrative del legal thriller; ad ancorare il prodotto anche in Italia è il richiamo agli svariati (purtroppo) casi di cronaca nera finiti sotto l’occhio dei media nel corso degli anni Duemila. La cura formale della serie “Il processo” è buona, con un gioco di atmosfere asciutte ed enigmatiche. La scrittura poi delle dinamiche processuali e investigative risulta serrata, snodandosi in maniera convincente. Altri raccordi narrativi forse, legati alla caratterizzazione dei personaggi, non sempre mantengono la medesima tensione del racconto. Non è di certo “Broadchurch” ma la strada intrapresa fa ben sperare. Attendiamo però le altre tre puntate della serie per tracciare un bilancio.
Articolo disponibile anche su Agenzia SIR
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