“Sir. Cenerentola a Mumbai” di Rohena Gera è la proposta della Cnvf per la 54a Giornata delle comunicazioni. Storia di una giovane indiana in cerca di riscatto sociale
Non è solo una storia d’amore tra due persone di classi diverse. Nel film “Sir. Cenerentola a Mumbai” della regista indiana Rohena Gera c’è molto di più: c’è il racconto di una donna, di tante donne, che sfidano il muro di gomma imposto dalla società per guadagnare un sogno di libertà e indipendenza, la possibilità di scegliere semplicemente il proprio domani. È un piccolo grande film questo racconto indiano, scelto dalla Commissione nazionale valutazione film della CEI per riflettere sul Messaggio di papa Francesco, “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia. Un’opera capace di infondere speranza, un invito a credere nelle proprie capacità per cambiare corso alla propria esistenza.
Il sogno di Ratna
Siamo nell’odierna Mumbai, in India, una città dal ritmo frenetico in piena rincorsa delle grandi metropoli occidentali, con cantieri aperti e un fermento cittadino vorace di modernità. Dalla campagna è arrivata la giovane Ratna (Tillotama Shome), che lavora come domestica per il rampante architetto Ashwin (Vivek Gomber), formatosi a New York e ora in India per guidare l’impresa di costruzioni di famiglia. Ratna è una figura silenziosa nella sua vita, gli fa trovare sempre tutti i pasti puntualmente pronti, la casa tirata a lucido e i vestiti continuamente in ordine. Ratna lavora con il sorriso sulle labbra, perché è una giovane donna abituata al sacrificio. Nei ritagli di tempo si dedica al cucito e sogna un futuro in sartoria, come stilista. Sfiancata dal lavoro, non demorde, pur di mantenere in piedi il suo sogno di libertà. Il suo fare gentile e luminoso finisce per attrarre l’attenzione anche del suo datore, di Ashwin. Due mondi, i loro, che risultano però troppo distanti per incontrarsi…
La libertà che passa da ago e filo
È una bella sorpresa questo romance indiano “Sir. Cenerentola a Mumbai” (2019) della regista esordiente Rohena Gera, già affermata come sceneggiatrice. Il film, presentato alla 57a Semaine de la critique nell’ambito del Festival di Cannes del 2018, ci conduce nelle pieghe dell’India oggi. Non siamo però dinanzi né allo stile colorato e scacciapensieri tipico di Bollywood né in un dramma sulla povertà delle periferie del Paese. Vediamo, infatti, una Mumbai in pieno sviluppo, con una spinta al cambiamento anche nel suo panorama urbano. C’è fame di progresso e futuro. Lì tra gli alti palazzi, i negozi alla moda e i locali dallo stile ricercato, persiste ancora una grande frattura sociale tra la classe benestante, quella cui appartiene il rampollo Ashwin, e la classe povera, quella che ancora popola le retrovie della città e le campagne, l’ambito da cui proviene appunto Ratna. Tra Ashwin e Ratna avviene un incontro, nasce una tenerezza, che prova a gettare un ponte di collegamento tra queste due realtà sociali che il più delle volte non si vedono, non si sfiorano. Un sentimento come il loro può trovare posto in una società ancora così polarizzata, così segnata da un così alto scalino socio-culturale? In verità il cuore del film non ruota (solo) attorno al sentimento d’amore che sboccia tra Ashwin e Ratna. Vera protagonista è Ratna, è la donna, che con tenacia e resilienza infrange le barriere che le vengono poste dalla società. Ratna è rimasta vedova, data in sposa giovanissima a un uomo più grande di lei; come tale è considerata inutile nella dimensione familiare e sociale. Ormai per lei, perché vedova, la vita appare conclusa, soggetta a una condizione di sottomissione ed emarginazione. Ratna però non si arrende, convince tanto i genitori quanto i suoceri a partire alla volta della grande città, dove può lavorare e mandare i soldi a casa. Dietro a questo intento, ci sono altri due obiettivi: pagare gli studi alla sorella più piccola, affinché possa avere una vita diversa dalla sua, così pure affrancarsi ulteriormente imparando il mestiere prima di sarta, poi di stilista. Cucire le sue creazioni rappresenta l’incipit di una nuova esistenza, il poter respirare a pieni polmoni quel profumo di libertà tanto atteso. La regista-sceneggiatrice Rohena Gera tratteggia con grande misura i due personaggi principali, cui gli attori imprimono colori e sfumature di sentimento. “Sir. Cenerentola a Mumbai” si rivela un racconto semplice e avvolgente, segnato senza dubbio da una notevole densità tematica. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come consigliabile, poetico e adatto per dibattiti.
In evidenza, un momento del film
In linea con il Messaggio di papa Francesco per la 54a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, tra i momenti chiave del film c’è il confronto tra Ashwin e Ratna, lo svelamento dei sentimenti sottaciuti ma anche, da parte della donna, gli impedimenti sociali che si frappongono tra loro. Dinanzi alla facile argomentazione che avanza Ashwin, abituato a un amore più diretto e semplice, quello delle società occidentale, Ratna muove preoccupazioni più incalzanti, proprio perché la sua vita è stata sempre costellata dal sacrificio. Tante domande la assalgono: il suo grande sacrificio può risultare vano? Cosa penserà la gente? E la sua famiglia la ripudierà? E il lavoro tanto agognato le verrà negato? Ratna vuole sì amare, provare quell’amore mai vissuto con Ashwin, ma anzitutto vuole essere una donna libera e onesta, perbene. Vuole guadagnarsi l’indipendenza per non essere prigioniera di steccati imposti dalla cultura dominante. Il suo è un eroismo silenzioso, una marcia dal passo leggero e pensate insieme verso un domani acceso di speranza.