“L’ufficiale e la spia” di Roman Polański nuova proposta della Cnvf per la 54a Giornata delle comunicazioni. La Storia ci consegna una vicenda che parla all’oggi
Un episodio di malagiustizia, una fake news ante litteram. Ancora, il montare della discriminazione contro la comunità ebraica prima della piaga della Shoah nel XX secolo. Di tutto questo, e di molto di più, tratta “L’ufficiale e la spia” (“J’accuse”, 2019) di Roman Polański, Leone d’argento alla 76a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, opera scelta dalla Commissione nazionale valutazione film della CEI per riflettere sul Messaggio di papa Francesco per la 54a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. La vicenda di un uomo, di un ufficiale, infamato da un’accusa di tradimento che diventa però uno dei più sonori errori giudiziari della Francia a cavallo fra XIX e XX secolo. Un saggio di Storia, una potente riflessione sulla fragilità dell’oggi.
Il caso Alfred Dreyfus
Parigi 1895. L’ufficiale dell’esercito francese Alfred Dreyfus (Louis Garrel), di origini ebraiche, viene condannato in direttissima e mandato in esilio in Africa con l’accusa di spionaggio e tradimento. Prove a suo carico lo rendono complice di rapporti con l’esercito tedesco. Tempo dopo il colonnello Georges Picquart (Jean Dujardin), integerrimo capo dell’unità di controspionaggio, inizia a notare delle imprecisioni nelle indagini; trova che le procedure di accusa e condanna di Dreyfus mostrino non poche leggerezze. Insospettito, inizia a riesaminare il caso scoprendo così omissioni e falsificazioni. Si apre un duro scontro pubblico con i vertici militari e l’intero governo.
Una grande lezione di cinema
È considerato uno dei film più importanti della stagione cinema 2019-2020. Parliamo di “L’ufficiale e la spia” (“J’accuse”) di Roman Polański, grande protagonista alla 76a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia. Al di là delle polemiche che hanno investito l’opera, come contestazione nei confronti del regista, il film rimane una grande prova di cinema, una vera e propria lezione di regia e narrazione sul grande schermo. Sceneggiato dallo stesso Polański insieme allo scrittore Robert Harris, autore del romanzo originario, “L’ufficiale e la spia” ci porta immediatamente in un clima da giallo a colpi di spionaggio nella Francia sul tramonto dell’Ottocento. In principio ci sono tutti gli elementi di un enigma della Storia, di un film dalla tensione narrativa dei grandi racconti hollywoodiani. Indagine dopo indagine, però la prospettiva del racconto si allarga e Polański ci conduce all’interno di un saggio storico-antropologico. C’è sì lo svelamento del falso, dell’errore giudiziario, ma c’è anche il tema della corruzione dell’informazione, della propagazione di fake news anzitempo; ancora, emerge la corruzione dell’animo umano, il deragliamento della società tutta verso i primi inquietanti segnali di antisemitismo. Alfred Dreyfus è messo in stato di accusa non solo per errore oppure invidia da parte dei suoi commilitoni, né semplicemente per la fretta di trovare un colpevole e chiudere l’inchiesta sulle connivenze tra esercito francese e tedesco. No, Dreyfus è accusato perché ebreo, perché visto come una minaccia crescente nel cuore di una società sempre più smarrita. “L’ufficiale e la spia” si muove dunque su una sceneggiatura ben strutturata, lungo il sentiero del thriller giudiziario che mette a tema la verità, ma anche la discriminazione verso la comunità ebraica del tempo. Occupandosi dunque della manipolazione delle informazioni e del pensiero dell’opinione pubblica, nonché su forme montanti di antisemitismo, il film trova un immediato collegamento con l’oggi, con le sfide poste alla democrazia contemporanea. La regia di Polanski in tutto questo è sempre compatta, robusta e incisiva, capace di governare la macchina narrativa con grande vigore ed eleganza. Tra i cardini del racconto è da rimarcare la prova recitativa di Jean Dujardin, che tratteggia la figura di Picquart in maniera accurata e convincente, lasciando emergere la forza del suo apparato valoriale, l’integrità del suo pensiero, ma anche l’umiltà di sapersi mettere in discussione per il bene della verità e del prossimo. Dal punto di vista pastorale, il film è senza dubbio consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
In evidenza, un momento del film
Il film viene proposto perché si muove nella direzione del Messaggio di papa Francesco, “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia. Un racconto della storia, quella di appunto di Alfred Dreyfus, così come della Storia, quella dell’errore di un Paese nel cuore dell’Europa pronta a scivolare nel baratro le due guerre mondiali e soprattutto nel dramma della Shoah. Tra le sequenze chiave del film c’è l’arringa pubblica di Georges Picquart, che si batte contro l’establishment francese per dare fiato alla verità, per scagionare un uomo messo alla gogna per ignoranza e stoltezza. Un film per la memoria, ma anche per il grande ancoraggio nell’oggi, nella tutela dell’informazione corretta e verificata.