Sette proposte tra film e serie Tv a cura dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali – Commissione nazionale valutazione film CEI
Prima settimana di maggio con le proposte tra cinema e serie Tv a cura dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali – Commissione nazionale valutazione film CEI. Una selezioni di titoli in evidenza sulle principali piattaforme online e fruibili attraverso i vari dispositivi (Tv, tablet, smartphone e computer): dall’offerta del servizio pubblico con RaiPlay alle proposte su abbonamento di Disney+, Netflix, Prime Video e NowTv.
“Tutto quello che vuoi” (RaiPlay)
Oltre a essere un’ottima penna (tra i suoi lavori basta citare le sceneggiature del “Commissario Montalbano” per la Tv), Francesco Bruni è un bravo regista capace di raccontare in maniera originale e brillante il dialogo intergenerazionale. Ha esordito alla regia con la commedia “Scialla!” nel 2011, seguito nel 2014 dal family drama “Noi 4” (2014); nel 2017 ha confermato il suo talento con il riuscito “Tutto quello che vuoi”, Nastro d’argento per la miglior sceneggiatura e premio speciale a Giuliano Montaldo come interprete. È la storia di un’amicizia formativa, quella tra il ventenne senza meta Alessandro (Andrea Carpenzano) e l’anziano poeta Giorgio (Giuliano Montaldo); un incontro nato controvoglia – il giovane per sbarcare il lunario accetta di tenere compagnia all’anziano scrittore affetto da Alzheimer – che si rivela di fatto salvifico. Muovendosi sul binario della commedia frizzante, il film regala affondi di senso e commozione, sottolineando il valore della memoria del passato e l’importanza delle relazioni, la cura degli affetti. A ben vedere, per Alessandro il poeta Giorgio diventa un referente educativo, una figura capace di trasmettere conoscenza e amore per la vita, per un’esistenza condivisa; Giorgio è un fiume di suggestioni, che passano dal realismo della vita nella cornice bellica al lirismo dei sentimenti. E proprio attraverso la figura dell’artista Giorgio – uno straordinario Montaldo –Bruni rimarca l’importanza degli anziani nella società, custodi della memoria comune e della saggezza familiare. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
“Il giovane favoloso” (RaiPlay)
Presentato in concorso alla 71a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, “Il giovane favoloso” di Mario Martone si è rivelato uno dei titoli più importanti della stagione cinematografica italiana 2014-2015, vincendo 5 David di Donatello (tra cui quello per il protagonista Elio Germano) e il Nastro d’argento come film dell’anno. È il racconto, tra le pieghe della storia ma anche nei sentieri della poesia, della figura di Giacomo Leopardi, passando in rassegna gli anni dell’infanzia a Recanati, protetto dalla famiglia, la scoperta del mondo fuori, dalle atmosfere artistiche e intellettuali di Firenze prima e di Napoli poi, sino agli ultimi giorni di vita sulle pendici del Vesuvio. Della sua trilogia storica, composta anche da “Noi credevamo” (2010) e “Capri-Revolution” (2018), “Il giovane favoloso” è senza dubbio il film più riuscito di Martone, un’opera capace di coniugare le coordinate politico-sociali e culturali del Paese con la complessità dell’animo umano, il fermento nel cuore di un artista senza tempo. Era molto difficile portare sullo schermo una figura come quella di Leopardi, tenendosi lontani dai facili stereotipi narrativi frutto di retaggi scolastici. Oltre alla solida scrittura di Martone e di Ippolita di Majo, risulta senza dubbio determinante nell’economia del film l’interpretazione di Elio Germano, così attento a tratteggiare il personaggio non solo sotto il profilo fisico ma anche negli slanci creativi, nei lampi di follia. Come ha sottolineato la Commissione nazionale valutazione film CEI: “Il compito insomma è svolto egregiamente: ripartire magari da zero e ricollocare Leopardi tra le grandi menti che hanno scavalcato ogni tempo e ogni moda. Uomo di oggi e di domani, capace di scrivere ‘il naufragar m’è dolce in questo mare’ e quindi di aprirsi all’infinito, al mistero della vita. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e adatto per dibattiti” (Dalla scheda pastorale del film “Il giovane favoloso” sul portale Cnvf.it).
“Loving” (RaiPlay)
Sempre sulla piattaforma RaiPlay troviamo il film anglo-americano “Loving” (2016) scritto e diretto da Jeff Nichols, passato in concorso al 69° Festival di Cannes e candidato agli Oscar nel 2017 per l’interpretazione di Ruth Negga. Snodandosi lungo il sentiero del dramma storico a pennellate romance, il film racconta la vicenda realmente accaduta dei coniugi Loving negli anni Cinquanta in Virginia, negli Stati Uniti. Richard Loving (Joel Edgerton) è un uomo bianco che si innamora di Mildred (Ruth Negga), una donna afroamericana; i due si conoscono, si amano e si sposano. Non c’è nulla di strano, se non il fatto che in quegli anni è in vigore in Virginia il Racial Integrity Act, legge che vieta i matrimoni misti. Inizia così un serrato confronto nelle aule di tribunale. “Loving” è governato con grande capacità ed eleganza da Nichols, che compone un racconto denso di resilienza e coraggio, quello dei Loving, fermi nelle loro posizioni, nel loro amore, anche davanti alle tante chiusure e minacce della comunità del tempo. I Loving offrono una risposta solida dinanzi agli smarrimenti dell’America anni ’50-’60, riuscendo a promuovere un cambiamento diffuso, a cominciare dalla vittoria legale contro il Racial Integrity Act. In generale “Loving” è un racconto convincente, giocato in sottrazione, impreziosito da due interpretazioni di livello.
“Tutto il mondo fuori” (DPlay – Nove)
Una bella anteprima da non perdere, quella sulla piattaforma Dplay Plus del Gruppo Discovery dal 6 maggio e poi in Tv sul canale Nove del digitale terreste, il 13 maggio alle ore 21.25. Parliamo del documentario ‘Tutto il mondo fuori” diretto da Ignazio Oliva e prodotto da Officina della Comunicazione, un film di impegno civile sul mondo delle carceri e ispirato all’Articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Il documentario racconta tre storie, la vita di tre detenuti, che si mettono in dialogo con don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova “Due Palazzi”. Una condivisione di esperienze sbagliate, ma anche di speranze ritrovare, la fiducia in una possibilità altra, lontano dalle sbarre. Un cammino, quello del reinserimento sociale, cui prendono parte anche progetti messi in campo da educatori, volontari e dalla stessa struttura penitenziaria. Un rinascere alla vita che passa dal prendere atto dei propri errori e dal rimettersi in gioco grazie all’aiuto del sistema tutto. Una bella proposta ‘Tutto il mondo fuori”, che Oliva gira in maniera valida e convincente.
“Il principe dimenticato” (Prime Video)
Michel Hazanavicius, regista e sceneggiatore francese classe 1967, ha trovato un grande consenso internazionale con il film “The Artist” nel 2011, protagonista al 64° Festival di Cannes e vincitore di numerosi premi tra cui 5 Oscar nel 2012 (film, regia, attore protagonista Jean Dujardin, costumi e colonna sonora). Insomma, un vero trionfo. Negli anni a seguire sono stati pochi i titoli realizzati, tutti senza grande risonanza. Ora è disponibile in anteprima sulla piattaforma Prime Video di Amazon la commedia family “Il principe dimenticato” (“Le prince oublié”, 2020), non uscito in sala a causa del Covid-19. “Il principe dimenticato”, con Omar Sy e Bérénice Bejo, è il racconto del rapporto tra genitori-figli, quello tra un papà (Omar Sy) e una figlia piccola, Sofia. Tra loro c’è intesa, gioco e condivisione, soprattutto nel momento della favola della buonanotte; e la favola fa incursione nella realtà, regalando simpatici raccordi onirici. Crescendo Sofia inizia però a stancarsi di questi racconti fantastici, attratta dalle passioni tipiche degli adolescenti. E così il rapporto padre-figlia sembra vacillare. È senza dubbio interessante la proposta di Hazanavicius, che si cimenta ogni volta con un terreno narrativo diverso; qui si mette in gioco con la commedia brillante a sfondo onirico, pensata per un pubblico familiare. Omar Sy sostiene con grande energia il racconto, impersonando un trascinante papà dai contorni eroici (appunto il principe delle fiabe). Un film colorato, curioso, ma non sempre calibrato o compatto nella linea del racconto. Un buon prodotto comunque per una visione in famiglia. Dal punto di vista pastorale è da valutare come consigliabile, semplice e adatto per dibattiti.
“Star Wars. L’ascesa di Skywalker” (Disney+)
Finalmente sulla piattaforma Disney+ dal 4 maggio arriva il capitolo finale della saga di “Star Wars”. Parliamo dell’episodio IX, “Star Wars. L’ascesa di Skywalker”, che chiude il ciclo di avventure spaziali ideato e sviluppato da George Lucas a partire dagli anni ’70-’80: inarrivabile è la prima trilogia composta da “Star Wars” (1977, Episodio IV), “L’impero colpisce ancora” (1980, Episodio V) e “Il ritorno dello Jedi” (1983, Episodio VI), mentre meno convincente risulta la ripresa della saga a inizio Millennio con Episodio I, II e III. Sotto il marchio produttivo Disney e con J.J. Abrams al comando, “Star Wars” ha ripreso quota con forza dal 2015 con tre nuovi episodi: “Il risveglio della Forza” (2015, Episodio VII), “Gli ultimi Jedi” (2017, Episodio VIII) e “L’ascesa di Skywalker” (2019, Episodio IX). In quest’ultimo film, “L’ascesa di Skywalker”, si ritrova tutto il corpus tematico ideato da Lucas: al di là della cornice fantastico-avventurosa, c’è il grande gioco della vita, l’urgenza di compiere una scelta tra bene e male, incalzati dalla pericolosa seduzione del potere. È un grande racconto metaforico-esistenziale che mette a tema l’opposizione tra luce e tenebre, che si domanda quanto sia forte, resiliente, la speranza là nel profondo dell’oscurità. Attorno a questo nucleo narrativo si consuma la parte migliore del film, affidata alla contesa tra Rey e Kylo Ren, impersonati dai talentuosi Daisy Ridley e Adam Driver. Ancora, nell’opera torna il ruolo della famiglia, l’importanza delle radici, della memoria, così come il bisogno di appartenere a una comunità; una comunità che sa essere coesa anche quando incorrono tempi instabili oppure oscuri. Nel complesso “L’ascesa di Skywalker” è un grande spettacolo che intriga e affascina; dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
“Homeland” (NowTv, Netflix e Prime Video)
Mentre su “NowTv” si trovano le puntate dell’ottava e ultima stagione di “Homeland. Caccia alla spia”, sulle piattaforme Netflix e Prime Video è possibile rivedere dall’inizio lo sviluppo di questa poderosa serie giocata sullo scacchiere geopolitico mondiale, soprattutto tra America, Medio Oriente e Asia. Protagonista è l’agente della CIA Carrie Mathison – Claire Danes, attrice straordinaria, ha vinto per il ruolo un Golden Globe e due Emmy – affetta da disturbo bipolare ma con un talento investigativo fuori dal comune. Nella stagione 8 di “Homeland” l’azione si sposta tra Stati Uniti e Afghanistan, cercando di pacificare quel conflitto nato sulle macerie dell’11 settembre 2001. Accanto a Carrie in prima linea c’è sempre il suo mentore, l’alto funzionario della CIA Saul Berenson (Mandy Patinkin). Quando si parla di Carrie la verità diventa un’ossessione, ma anche le complicazioni sono all’ordine del giorno; infatti, l’ottava stagione di apre con il sospetto che Carrie collabori con i Servizi russi. Ispirata alla serie israeliana “Hatufim” (“Prisoners of War”) di Gideon Raff, “Homeland” è divenuta dal 2011 un successo internazionale targato ShowTime; una serie scritta e diretta con grande forza e pathos, capace di raccontare la realtà odierna ma anche di saper cogliere svolte inattese nella politica internazionale tra USA e Russia. Un racconto serrato, duro e adrenalinico, dove si finisce per amare profondamente il complesso personaggio di Carrie, così fragile e solida insieme, pronta sempre a battersi per la giustizia.
Articolo disponibile sul sito “Chi ci separerà” della Conferenza Episcopale Italiana