Venezia77: si apre la gara con “Quo vadis, Aida?” di Jasmila Žbanić sul massacro di Srebrenica

giovedì 3 Settembre 2020
Un articolo di: Sir-Cnvf

Partenza con il piede giusto per il secondo giorno alla 77° Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, giovedì 3 settembre. Due i film presentati alla stampa questa mattina e a raccogliere molti consensi è l’opera di denuncia della bosniaca Jasmila Žbanić, “Quo vadis, Aida?”, che ci riporta alla guerra nei Balcani negli anni ’90. Ancora, la francese Nicole Garcia è in gara al Lido un noir dei sentimenti, “Amants”. Fuori concorso sia il mediometraggio del regista spagnolo Pedro Almodóvar, “The Human Voice”, e l’action-thriller “Night in Paradise” del sudcoreano Hoon-Jung Park. Ecco il punto sulle proiezioni direttamente dal Lido con la Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) e l’Agenzia SIR.

“Quo vadis, Aida?”
La scossa a Venezia77 arriva dall’autrice bosniaca Jasmila Žbanić con “Quo vadis, Aida?”, film denuncia sul massacro dei civili a Srebrenica nel 1995 sotto lo sguardo assente dei Caschi blu delle Nazioni Unite e dell’Europa tutta. La Žbanić, classe 1974, si è imposta a livello internazionale già nel 2006 con “Il segreto di Esma”, con cui ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino. “Quo vadis, Aida?” ci porta agli avvenimenti successi nel luglio del 1995, con la presa della città di Srebrenica da parte dell’esercito serbo e il rifugiarsi della popolazione bosniaca nel centro di accoglienza ONU. Il campo, al collasso, è conteso tra serbi e Caschi blu; una tensione che sfocia alla rovinosa uccisione di oltre 8mila tra giovani e adulti. Protagonista è Aida, una ex insegnante di inglese di origini bosniache che lavora come interprete per l’ONU. Aida è chiamata a far fronte al suo incarico e nel contempo a mettere in salvo la propria famiglia.
“Con un forte impianto realistico – dichiara Massimo Giraldi, presidente della Cnvf e giurato del premio cattolico internazionale Signis a Venezia77 – la regista ricostruisce una drammatica pagina della recente storia europea. Non fa sconti a nessuno, soprattutto verso il torpore dimostrato dalle Nazioni Unite. Un orrore deflagrato nel cuore dell’Europa. Un’opera dura, serrata, ma governata con grande padronanza: la Žbanić non mostra la violenza o le efferatezze commesse, le tiene fuori campo, ma questo non attutisce dolore, sconvolgimento e rabbia. Un’opera che lascia il segno, soprattutto per fare memoria civile”.
“A dare spessore e incisività al racconto – aggiunge Sergio Perugini, segretario Cnvf e ugualmente giurato SIGNIS al Lido – è l’interpretazione di Jasna Đuričić, che tratteggia il personaggio della traduttrice Aida dando conto del dissidio interiore come bosniaca ma anche come madre di famiglia. Lavorando per l’ONU prova a mettere in salvo il marito e i due giovani figli, ma si scontra con la disumanità della guerra e la piccolezza di uomini incapaci di solidarietà. Aida sperimenta tutte le sfumature della disperazione e del dolore, ma non per questo si perde nell’odio o nel desiderio di vendetta. Un’interpretazione potente, struggente, che strappa lacrime e che lancia l’attrice per la corsa alla Coppa Volpi”. Dal punto di visita pastorale il film “Quo vadis,, Aida?” è complesso, problematico e senza dubbio adatto per dibattiti, anche in ambito educativo.

“Amants”
L’attrice e regista francese Nicole Garcia sbarca a Venezia77 con un dramma sentimentale tra mélo e noir. Scritto dalla stessa Garcia con Jacques Fiesch, il film “Amants” racconta un triangolo amoroso dalle rovinose conseguenze. Lisa (Stacy Martin) e Simon (Pierre Niney) all’inizio giovani innamorati, spiantati e pronti a campare di espedienti. Vendendo della droga, Simon provoca la morte di un amico; spaventato scappa dalla Francia e dalla stessa compagna. Con non poco affanno Lisa riesce a rifarsi una vita e sposa Leo (Benoît Magimel), imprenditore nel settore turistico. Tutto deraglia quando Simon torna nella sua vita.
“Buone le premesse, ma risultato assai incerto – puntualizza così Massimo Giraldi – Il film della Garcia tende a ripercorrere strade cinematografiche ben note, non portando alcuna novità. Tante le suggestioni, ma spesso le linee narrative non si sviluppano nella giusta maniera. Manca la suspense necessaria a tenere vivo il racconto”.
“La cura formale non manca – indica Sergio Perugini – ma a essere deboli sono i profili dei personaggi, che rimangono appena abbozzati, senza particolare approfondimento. Quella tensione emozionale poi tra due innamorati, che dovrebbe imprimere pathos al racconto, a ben vedere è di respiro corto. Gli attori, seppure di talento, non riescono a dare il necessario vigore al tutto”. Dal punto di vista pastorale, il film è complesso e problematico.

I fuori concorso “The Human Voice” e “Night in Paradise”
Due titoli di primo piano fuori gara. Anzitutto il ritorno al Lido di Pedro Almodóvar, dopo il Leone d’oro alla carriera nel 2019. Presenta il mediometraggio di 30 minuti “The Human Voice” tratto dall’opera teatrale di Jean Cocteau. Protagonista assoluta è Tilda Swinton, che interpreta questo monologo sull’abbandono e sulla ritrovata fiducia in se stessa, attraversando però stati di angoscia e smarrimento.
“Un’opera esteticamente intrigante – sottolineano Giraldi e Perugini – che evidenzia lo stile unico di Almodóvar, ondeggiando tra mélo fiammeggiante e delirante. La bellezza visiva c’è, ma si fatica a cogliere il senso dell’operazione. Sembra molto un’esercizio di regia e una notevole prova d’attrice per la Swinton, ma l’opportunità di fornire una suggestione sul bisogno di riscatto, di liberarsi dalle amarezze, fatica ad arrivare con fluidità”.
Convince poco infine il film sudcoreano “Night in Paradise” del regista Hoon-jung Park. Un thriller a sfondo mafioso che strizza l’occhio a molti classici del genere come pure allo stile inconfondibile di Quentin Tarantino (nello specifico a “Kill Bill”). “Non tutti gli anni si può avere un film potente e sorprendente come ‘Parasite’ – commentano ancora Giraldi e Perugini – Infatti ‘Night in Paradise’ ambisce a molti obiettivi, ma si perde spesso lungo il cammino. Il film, seppure stilisticamente interessante, risulta sovraccarico, faticoso e persino confuso. Troppe le piste narrative in campo, e la maggior parte poco esplorate. Quello che resta è un eccesso di violenza spesso inutile e fuori controllo”.

Articolo disponibile anche su Agenzia Sir

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