Polvere di stelle. È questo che accomuna i due film inglesi oggi in cartellone alla 15a Festa del Cinema di Roma, al secondo giorno di programmazione. Il primo è “Stardust” di Gabriel Range, biopic musicale su David Bowie, quando all’inizio degli anni ’70 mise piede negli Stati Uniti concependo il suo alter ego Ziggy Stardust. Secondo titolo britannico è il dramma sentimentale “Supernova” di Harry Macqueen con i sempre bravi Colin Firth e Stanley Tucci. All’Auditorium Parco della Musica, poi, si celebra anche l’acclamato regista londinese Steve McQueen (“12 anni schiavo”, 2013), protagonista di un “Incontro ravvicinati”. Il punto con la Commissione nazionale valutazione film CEI e l’Agenzia SIR.
“Stardust”
La febbre dei biopic musicali inglesi non accenna a diminuire. Dopo il successo di “Bohemian Rhapsody” (2018) su Freddie Mercury e la band rock Queen come pure di “Rocketman” (2019) su Elton John – senza dimenticare l’omaggio ai Beatles con la commedia “Yesterday” –, ecco arrivare nei cinema “Stardust” di Gabriel Range, un’opera che ripercorre l’attività musicale di David Bowie a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Il film, in particolare, si concentra sul tour negli Stati Uniti del 1971 per la promozione dell’album “The Man Who Sold the World”.
Dalla storia conosciamo un David Bowie (Johnny Flynn) ancora musicalmente incerto, persino insicuro, in cerca di uno stile sempre più eclettico e personalissimo, lontano dai modelli di riferimento del tempo. A livello di vita privata Bowie si è appena sposato con l’americana Angela Barnett (Jena Malone), da cui attende il primo figlio. L’artista è segnato, inoltre, dal tormento per la malattia del fratello Terry, affetto da schizofrenia, un fratello cui l’artista è legatissimo per i ricordi di infanzia e per le prime esperienze musicali.
Il film mostra un David Bowie alla ricerca di un’idea, di una linea espressiva, che gli permetta di far esplodere quell’energia, tutto quel caos che ha in corpo; Bowie si ostina a rompere gli schemi nella musica, nell’abbigliamento, nello stile di vita, pronto pure a perdersi nei sentieri della droga. È soprattutto la paura della malattia mentale del fratello – presente a dire il vero anche in altri componenti della famiglia – a perseguitarlo con acceso tormento, il timore di essere instabile anche lui. Percorrendo dunque le grandi arterie stradali americane Bowie inizia piano piano a concepire la sua metamorfosi, il bisogno di un doppio, di un alter ego, capace di garantirgli quella libertà espressiva ed esistenziale tanto desiderata. Da lì prende così il via la rivoluzione Ziggy Stardust, nonché decollano molti successi musicali memorabili.
Seppur interessante la scelta del regista Range di concentrarsi sul crinale del cambiamento di David Bowie, sugli anni che precedono il successo, il racconto si snoda in maniera abbastanza ripetitiva e poco coinvolgente, purtroppo con pochi inserti musicali. L’autore è ovviamente intenzionato a mostrare il volto di David prima di essere David Bowie oppure Ziggy Stardust e The Thin White Duke. Ci vuole mostrare un artista di certo eclettico, acuto, provocatore, ma anche assolutamente fragile e dubbioso, dai non pochi traumi alle spalle. Sono bravi i due attori Johnny Flynn e Jena Malone; in particolare per Flynn quello di Bowie è uno dei ruoli della vita, capaci di garantire il salto di notorietà, e magari agguantare pure un premio (si pensi al percorso di Rami Malek nei panni di Freddie Mercury, vincitore dell’Oscar nel 2019). Seppur molto capace e dotato musicalmente (è anche cantante!), Flynn sembra però abbastanza lontano dal profilo enigmatico e magnetico di David Bowie.
Dal punto di vista pastorale il film “Stardust” è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti, con attenzione ai minori per le scene legate all’uso di droghe.
“Supernova”
Presentato al 68° Festival internazionale del cinema di San Sebastián, il dramma inglese “Supernova” del giovane regista Harry Macqueen partecipa alla Festa del Cinema di Roma nella selezione ufficiale, forte dell’interpretazione di peso di Colin Firth e Stanley Tucci. Si tratta di un dramma sentimentale che si avvita in un doloroso percorso di confronto-scontro con la malattia, una di quelle più urticanti, l’Alzheimer.
La storia: Sam (Firth) e Tusker (Tucci) sono una coppia da molti decenni; il primo è un musicista mentre il secondo è uno scrittore. Conducono una vita affiatata, serena, di stampo borghese. Li conosciamo mentre si mettono in viaggio con un vecchio camper per trascorrere una vacanza insieme, nella campagna inglese, facendo visita alla sorella di Sam, Lilly, nonché per partecipare a un concerto per piano dello stesso Sam. Non appena in viaggio veniamo a conoscenza della malattia di Tuscker; l’uomo ha l’Alzheimer e iniziano ad emergere con prepotenza i primi segnali invalidanti. Da un lato assistiamo alla tanta premura di Sam, nell’essere presente accanto all’affanno del compagno, dall’altro Tusker vorrebbe mettere fine anzitempo a questo dolore, prima di perdere il controllo sulla se stesso. Ed è proprio qui che il film mostra i suoi problemi…
Non possiamo nascondere che vero punto nodale del racconto è l’affrontare la malattia, una di quelle che impietrisce e fa disperare, perché porta all’oblio degli affetti e di se stessi; un modo di rapportarsi al male che però prediligere soluzioni nette, troppo, come l’autodeterminazione della propria vita-morte. Il film pertanto è non poco spinoso, perché sembra andare verso un percorso a tesi che non ammette alcuna (purtroppo) esitazione oppure cambiamento di rotta. Seppure i protagonisti Firth e Tucci si dimostrano molto accurati e generosi nell’interpretazione, nel rendere soprattutto una compostezza degli affetti e della propria intimità, non riescono a proteggere un film che si incammina su un binario problematico, sofferto, e di certo non condivisibile.
Dal punto di vista pastorale il film “Supernova” è da valutare come complesso e problematico, adatto per la delicatezza dei temi affrontati al solo pubblico adulto.
Articolo disponibile anche sul portale dell’Agenzia SIR