Il popolarissimo romanzo “The Personal History, Adventures, Experience and Observation of David Copperfield the Younger of Blunderstone Rookery”, scritto da Charles Dickens nel 1850, ha avuto varie trasposizioni cinematografiche: nel 1935 per la regia di George Cuckor, ancora nel 1969 diretto da Delbert Mann, e lo sceneggiato televisivo diretto da Anton Giulio Majano e trasmesso fra il 1965 ed il 1966 sull’allora Programma Nazionale, tanto per citarne qualcuna. Questa nuova versione di Armando Iannucci (“Morto Stalin, se ne fa un altro” 2018), “La vita straordinaria di David Copperfield”, dice chiaramente l’attualità, o meglio l’atemporalità, della vicenda del giovane Copperfield, una denuncia dello sfruttamento minorile certo, ma soprattutto la straordinaria resilienza del protagonista, il suo coraggio e la dignità con i quali affronta i soprusi di cui è vittima. La storia è nota: David (Dev Patel), orfano di padre, cresce sereno con la madre e la governante, la dolcissima Mrs. Peggotty; quando la donna sposa il dispotico e crudele Mr. Murdstone, David viene mandato a Londra a lavorare in una fabbrica di bottiglie. Il ragazzo sopporta con grande pazienza le vessazioni e le privazioni a cui è sottoposto, ma alla notizia della morte della madre, ha un moto di ribellione e scappa dalla zia Betsey (Tilda Swinton), che lo accoglie, lo aiuta a terminare gli studi e gli trova un lavoro presso lo studio di Mr. Spenlow. I guai, però, non sono finiti perché la generosa zia ha un tracollo finanziario e David deve cominciare tutto d’accapo. Sorretto da un cast di attori molto capaci – Dev Patel, Hugh Laurie e Tilda Swinton –, che riescono a dar vita a personaggi irresistibili, bizzarri al punto giusto, ma tutti ricchi di umanità, il film trova la sua originalità nel far raccontare al protagonista la storia in prima persona, con un pizzico di humor e non poca ironia. Senza mai scadere nel melodrammatico o cercare di suscitare pietà nello spettatore, Iannucci mette in primo piano la capacità di reagire del giovane, la sua generosità e l’importanza di costruire una comunità nella quale le persone si prendano cura l’una dell’altra. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come consigliabile e adatto per famiglie.