Interpreti e ruoli
Toni Servillo (Eduardo Scarpetta), Maria Nazionale (Rosa De Filippo Scarpetta), Cristiana Dell'Anna (Luisa De Filippo), Antonia Truppo . (Adelina De Renzis), Eduardo Scarpetta (Vincenzo Scarpetta), Roberto De Francesco (Salvatore Di Giacomo), Marzia Onorato (Titina De Filippo)
Soggetto
Siamo a Napoli nei primi anni del ‘900. Eduardo Scarpetta è al culmine del successo. Ricchissimo e amatissimo dal pubblico napoletano, soprattutto grazie al personaggio di Felice Sciosciammocca. Scarpetta vive di teatro e in teatro, circondato dalla sua, decisamente affollata, famiglia. I problemi arrivano quando mette in scena una parodia del dramma “La figlia di Iorio” di Gabriele D’Annunzio. La sera del debutto in teatro si scatena il putiferio: fischi, urla e insulti e, per di più, l’autore lo denuncia per plagio….
Valutazione Pastorale
Presentato in concorso a Venezia78 esce nelle sale italiane “Qui rido io”, probabilmente uno dei film più belli e convincenti diretti da Mario Martone nell’ultimo decennio insieme a “Il giovane favoloso” (2014). Nell’opera il regista è infatti in grado di annodare i fili della sua solida esperienza teatrale e cinematografica con la memoria culturale della sua città, Napoli, offrendo un ritratto in chiaroscuro del grande Eduardo Scarpetta (1853-1925), interprete, capocomico e autore di memorabili commedie. In particolare Martone, insieme alla sceneggiatrice Ippolita di Majo, isola un episodio della maturità professionale dell’uomo. Siamo nel 1904: Eduardo Scarpetta riempie i teatri di Napoli con i suoi spettacoli, soprattutto nei panni di Felice Sciosciammocca, personaggio divenuto più popolare persino di Pulcinella. All’apice del successo decide di mettere in scena una parodia del dramma “La figlia di Iorio”, di Gabriele D’Annunzio. La sera del debutto in teatro si scatena il putiferio: fischi, urla e insulti, ai quali si aggiunge la denuncia per plagio da parte dell’autore. A questo punto non c’è in ballo solo il nome di Scarpetta , ma anche la libertà di espressione della commedia.
Opera di grande compattezza e raffinatezza “Qui rido io” permette di entrare nelle pieghe della storia del teatro tra fine XIX e inizio XX secolo, scoprendo le origini non solo delle più fortunate maschere napoletane ma anche la genesi delle famiglie più note di capocomici. E proprio qui c’è, forse, l’aspetto meno conosciuto al grande pubblico, ossia il legame familiare che univa gli Scarpetta ai De Filippo (Titina, Eduardo e Peppino). Padre di tutti, non solo a livello artistico ma anche biologico, era proprio Eduardo Scarpetta. In famiglia tutti sapevano, compresa la moglie, la quale accettava che il marito si dividesse con più donne purché tutelasse i loro tre figli dandogli il cognome.
“Qui rido io” convince e affascina, e molto, per il suo essere così stratificato e insieme leggero, tutta giocatp su battute brillanti e pungenti, snodandosi sui sentieri dell’arte, del teatro, dei sentimenti e rapporti familiari per arrivare sino ai temi centrali della società italiana (di ieri ma anche di oggi). Mario Martone compone un quadro dinamico e sfaccettato di un periodo storico di grande vivacità, dentro il quale trovano posto anche questioni inedite per il Paese come quella del diritto d’autore e della libertà di espressione accordata all’arte. Il contenzioso tra scrittori, autori comici e giornalisti esplode in maniera vigorosa e rumorosa, spostando alla fine la scena nelle aule di tribunale dove uno straordinario Scarpetta/Servillo si muove agilmente come sulle assi di un palcoscenico. E a ben vedere è proprio il teatro un altro grande protagonista dell’opera, che viene esaltato per la sua rigogliosità tra il genio di Scarpetta e i discendenti De Filippo, Eduardo in testa. Uno spartito di grande intensità e armonia, insomma, impreziosito dalla performance di tutti i protagonisti, dal già citato Toni Servillo a Maria Nazionale, Iaia Forte, Gianfelice Imparato, Antonia Truppo e Cristiana Dell’Anna.
“Qui rido io” è da valutare come consigliabile, problematico e per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte altre occasioni come possibilità per scoprire una pagina della storia del teatro e del nostro Paese.