Su Netflix “Stranger Things”: oltre l’horror, un’esplosione di creatività pop anni ’80
lunedì 27 Giugno 2022
Un articolo di:
Sergio Perugini
Back to the 80s. I punti cardinali sono “E.T. L’extra-terrestre” (1982), “Ghostbusters” (1984), “I Goonies” (1985), come pure “Nightmare” (1984) e “Alien”(1979). Parliamo della bussola narrativa dei Duffer Brothers, i fratelli Matt e Ross Duffer, registi-sceneggiatori statunitensi classe 1984 creatori della serie Tv “Stranger Things” (dal 2016, con 4 stagioni), uno dei titoli di punta di Netflix, già un cult. La serie è stata concepita come omaggio alla Hollywood anni ’80, a quei titoli diventati iconici, amati da generazioni di spettatori. Tra quelli menzionati, forse il più ricorrente è proprio “I Goonies”, storia di un gruppo di preadolescenti acuti e coraggiosi, etichettati come “nerd” o “sfigati”, sulle tracce di un tesoro nascosto come novelli Indiana Jones. I Duffer Brothers ci riportano nella stessa cornice temporale, sociale, con un’attenzione maniacale a scenografie, musiche e costumi, nonché a rimandi culturali. Il risultato? Un successo globale, da record, che ha fortificato le fondamenta della piattaforma. In attesa del finale della 4a stagione, dal 1° luglio 2022, ecco un approfondimento.
Il bambino scomparso. Novembre 1983, Hawkins (USA), i quattro amici preadolescenti Mike, Dustin, Lucas e Will hanno appena finito una partita a un gioco di ruolo; è tardi e, in sella alla bicicletta, sulla via di casa uno di loro, Will, scompare. Inghiottito dalla notte. Partono le ricerche condotte dallo sceriffo Jim Hopper (David Harbour) e dalla madre del ragazzo Joyce (Winona Ryder), mentre gli amici scandagliano il bosco trovando una bambina misteriosa, Undici (Millie Bobby Brown)…
Pros&Cons. Stupore, terrore, assoluta meraviglia! Ecco le sensazioni che si agitano nell’animo alla vista di “Stranger Things”, una serie Tv Netflix difficile da etichettare. Non è semplicemente un racconto che unisce avventura, fantastico e thriller-horror; si tratta di un viaggio acuto, colto, a tratti agghiacciante, nei sentieri della storia del cinema anni ’80. I Duffer Brothers omaggiano il decennio pop della nuova Hollywood, rielaborandolo però in chiave incisiva e attuale, con una carica di innovazione che si gioca tra entusiasmo e malinconia. Dentro “Stranger Things” troviamo la fotografia sociale e familiare dell’America del tempo, un Paese dalle luci abbaglianti, percorsa dal sogno del riscatto, ma anche dalle profonde miserie e contraddizioni; le suggestioni horror, poi, indicano le visualizzazioni degli incubi tanto dell’infanzia, del singolo, quanto generali di una Nazione tallonata dalla minaccia “rossa”. Ancora, le famiglie sono percorse da amore e sacrificio – la mamma di Will, una straordinaria Winona Ryder (bentornata!) – ma anche colte per silenzi ingombranti o con figure latitanti: i grandi assenti sono soprattutto i padri, come in “E.T.”. Elemento chiave, affascinante, nonché educativo, rimane l’amicizia, quel legame granitico che sboccia nell’infanzia, solidale, che salva. Gli amici di sempre, e per sempre. “Stranger Things” conquista per messa in scena, ambientazioni e citazioni, seppur con un twist di brivido, conferendo il genio creativo dei Duffer. Applausi! Serie Tv complessa, problematica.