Pete Docter è un regista-sceneggiatore statunitense classe 1968, che ha realizzato sempre prodotti d’animazione innovativi, dalla straordinaria potenza visiva, ma anche dalla non poca complessità tematico-narrativa. Suoi sono i film “Monsters & Co” (2001), “Up” (2009) e “Inside Out” (2015), nonché la sceneggiatura dei primi due “Toy Story”, tutti targati Disney-Pixar. Alla 15a Festa del Cinema di Roma ha presentato “Soul”, animazione che si confronta con l’esistenza oltre la morte. Per intenderci, siamo dalle parti di commedie hollywoodiane come “Il paradiso può attendere” (1978) di e con Warren Beatty, “Uno strano caso” (1989) di Emile Ardolino, “Prossima fermata: paradiso” (1991) di Albert Brooks oppure “4 fantasmi per un sogno” (1993) di Ron Underwood. Insomma, un taglio di commedia brillante e dalle non poche ricadute di senso.
“Soul” ci racconta la storia di un pianista Jazz Joe Gardner (Jamie Foxx), che si divide di giorno tra le aule di scuola come insegnante di musica e di notte facendo audizioni per esibirsi nei locali di New York. Felice per aver ottenuto finalmente l’ingaggio della vita, un giorno cade per distrazione in un tombino e finisce rovinosamente in coma. Cambio di scenario, e vediamo l’anima di Joe piombare nell’Ante-Mondo, un non-luogo che precede l’Aldilà dove in realtà nascono e si strutturano le nuove anime accompagnate da speciali “consulenti” che fanno da mentori (ad esempio Abraham Lincoln o Madre Teresa di Calcutta). Joe è scambiato per uno di questi, chiamato quindi ad affiancare il viaggio verso la Terra di “22” (Tina Fey), una giovane anima irrequieta. Joe però vuole tornare lui stesso sulla Terra, in vita, perché avverte un irrisolto, che ha ancora qualcosa da concludere…
Chiariamo subito che non si tratta di un cartoon per piccolissimi. La componente visiva di “Soul” è senza dubbio godibilissima e adatta a ogni fascia di età; a livello tematico, però, l’animazione mette in campo riflessioni dense, dai contorni importanti ed educativi, tali da richiedere l’accompagnamento di un genitore o di un adulto. Si parla infatti della morte, dell’Aldilà – in questo la Disney è stata “furba” a soffermarsi su questo ipotetico Ante-Mondo senza dover tratteggiare la visione della vita ultraterrena, senza prediligere il respiro di alcuna religione –, ma soprattutto si parla della vita e del suo senso. “Soul” alla fine si traduce in un suggestivo e poetico inno alla buona vita, ad abbracciarla nella sua interezza e con spirito di condivisione; un’esistenza terrena da esprimere non come delle isole, concentrati su passioni-interessi escludenti oppure ossessionanti, bensì da assaporare nella bellezza dell’incontro con l’altro. Coinvolgente, simpatico, con una vibrante componente musicale Jazz e dai suggestivi scorci di New York di notevole realismo, il cartoon “Soul” è da valutare dal punto di vista pastorale come consigliabile, poetico ed adatto per dibattiti.