Sembra uno scherzo, un brutto scherzo, anzi una “mandrakata” quasi da non crederci. Non è possibile che Gigi Proietti ci abbia lasciato così, in punta di piedi, e poi il giorno del suo 80° compleanno. Un risveglio amaro, questo 2 novembre, quando è arrivata la comunicazione della famiglia – della compagna Sagitta con cui stava da 58 anni (dal 1962) e delle due figlie Susanna e Carlotta –, che Gigi Proietti si era spento per problemi cardiaci a Roma dopo giorni critici. Chi scrive si è a lungo interrogato su come poter raccontare questo artista istrionico, quasi inafferrabile, dalla carriera così sfaccettata tra teatro (il posto del cuore), cinema e televisione, tra i grandi spettacoli da mattatore su Rai Uno e amatissimo interprete di fiction nazionale. E che dire poi delle sue performance canore, della sua passione per la lirica, della sua regia teatrale e della guida di alcuni importanti teatri della Capitale come il Brancaccio e il Globe Theater? Gigi Proietti era un artista totale, che ha fatto dell’arte del sorriso il suo passe-partout per entrare nella mente e nel cuore della gente.
Dal cabaret agli One Man Show
Classe 1940, Gigi Proietti nasce da una famiglia semplice, senza velleità artistiche. Lui però quel fuoco nel petto per la scena ce l’ha da subito e inizia a frequentare appena maggiorenne i vari palchi di Roma. Sono gli anni del boom, del grande sviluppo economico, e la famiglia gli consiglia un posto sicuro, non la carriera da teatrante. Proietti accontenta tutti e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza all’Università la Sapienza, ma di notte è tutto un girare per locali, tra cabaret e night club. In quegli anni iniziano anche le prime comparse sui set cinematografici e televisivi, da “Se permettete parliamo di donne” (1964) di Ettore Scola allo sceneggiato “Il Circolo Pickwick” (1967) di Ugo Gregoretti. Nel complesso il decennio ’60 possiamo definirlo come quello della gavetta, perché di lì a breve esploderà la grande popolarità a partire dai teatri della Capitale. È il 1970, infatti, quando viene chiamato a sostituire Domenico Modugno in “Alleluja Brava Gente”, musical firmato dal duo Garinei e Giovannini, e con Proietti in scena ci sono Renato Rascel e Mariangela Melato. Il passo successivo sono gli “One Man Show”, monologhi esilaranti puntellati da battute fulminanti, scritte dallo stesso Proietti insieme all’autore Roberto Lerici (tra le firme di “Milleluci” con Antonello Falqui in Rai): su tutti è da ricordare “A me gli occhi, please” del 1976, più volte riadattato poi nei decenni successivi, sino quasi ai nostri giorni.
Cinema, che Mandrakata!
Una cinquantina di film al cinema nel corso di sessant’anni di carriera. Al di là dei piccoli ruoli iniziali, è nel corso del decennio ’70 che Gigi Proietti inizia a mettere in fila interpretazioni che gli danno maggiore notorietà, lavorando con autori italiani e internazionali tra cui Sidney Lumet (“La virtù sdraiata”, 1969), Mario Monicelli (“Brancaleone alle crociate”, 1970), Luigi Magni (“La Tosca”, 1973), Elio Petri (“La proprietà non è più un furto”, 1973), Sergio Citti (“Casotto”, 1977) e Robert Altman (“Un matrimonio”, 1978). Il film che rimescola però le carte della carriera, ma soprattutto della sua popolarità, in sintonia con i crescenti successi teatrali, è “Febbre da cavallo” di Steno del 1976. L’accanito scommettitore Bruno Fioretti detto “Mandrake” diventa una maschera comica cult per molte generazioni, al punto da spingere i figli di Steno, Enrico e Carlo Vanzina, a girare un seguito nel 2002 “Febbre da cavallo. La mandrakata”. Raggiunto al telefono, Enrico Vanzina ci ha confidato: “Mi sento a pezzi per la sua morte. Mi verrebbe da dirgli: al cinema, Gigi, sei stato quello che perdeva ai cavalli. Oggi possiamo dire che a perderti e a perdere siamo tutti noi”. Con i fratelli Vanzina Proietti ha continuato poi a lavorare anche in “Le barzellette” (2004), “Un’estate al mare” (2008), “Un’estate ai Caraibi” (2009) e “La vita è una cosa meravigliosa” (2010). Negli ultimi anni, poi, tra il 2017 e il 2019, Gigi Proietti torna sul set con Alessandro Gassmann (dopo “Di padre in figlio” del 1982) nel film “Il premio” e interpreta con grande incisività il ruolo di Mangiafuoco nel “Pinocchio” di Matteo Garrone. E sempre legate al cinema sono le sue (non poche) incursioni nel doppiaggio. Su tutti la voce del Genio della Lampada nel cartoon “Aladdin” (1992, con i sequel del 1994 e 1996) e il Gandalf della trilogia “Lo Hobbit” (2012-2014) di Peter Jackson.
Il volto rassicurante del Maresciallo Rocca
Con la televisione è un altro terreno di confronto e propagazione del suo grande talento. Gigi Proietti è mattatore in molti spettacoli Rai, da “Fantastico 4” del 1983 al più recente “Cavalli di battaglia” del 2017. Il ritorno di successo più solido, per non dire granitico, Proietti lo raggiuge però grazie alla fiction. È in assoluto, infatti, uno dei protagonisti della stagione di rinascita della produzione di fiction nazionale, la cosiddetta “Golden Age”, con il suo Maresciallo Rocca nell’omonima serie (tra i registi Giorgio Capitani) andata in onda per cinque stagioni dal 1996 al 2005, conclusasi con un appuntamento finale nel 2008. Il Maresciallo Rocca è uno dei volti più amati e memorabili dell’arma dei Carabinieri sullo schermo, volto cui Proietti ha portato serietà, ironia e grande calore. La risposta di pubblico è a dir poco travolgente, con picchi di 12-13 milioni di spettatori a puntata. E come Rocca nella sua carriera di attore in Tv non c’è altro ruolo così incisivo, però Proietti mantiene un sodalizio speciale con il pubblico anche con “L’avvocato Porta” (1997-2000), con il trascinante san Filippo Neri in “Preferisco il Paradiso” (2010) e il giornalista di nera del “Messaggero” Bruno Palmieri nella serie “Una pallottola nel cuore” (2014-2018).
Quel sorriso luminoso e sempre umile
In televisione, nell’ultimo decennio Gigi Proietti collabora ai progetti di rilancio della cultura nella prima serata di Rai Uno con Alberto Angela in “Meraviglie” e “Ulisse”. Proprio della produzione di “Ulisse. Viaggio nella Cappella Sistina” (progetto targato Rai, Vatican Media e Officina della Comunicazione) ci racconta mons. Dario E. Viganò, responsabile delle produzioni audiovisive del Vaticano negli anni 2013-2018: “È stato davvero un set speciale, mossi dal desiderio di schiudere al grande pubblico la bellezza della Basilica di San Pietro e i luoghi più significativi della Santa Sede. Abbiamo coinvolto diversi artisti tra cui Gigi Proietti. Di lui conservo un ricordo davvero speciale: oltre a cogliere quel suo profilo da grande artista e professionista – aspetto insindacabile –, sono rimasto colpito dalla sua umanità e umiltà, capace di mettersi in gioco, seppure per un piccolo ruolo, con estrema disponibilità e precisione. Un vero signore della scena, che quando rideva illuminava tutto l’ambiente del set”. E a ben vedere quella sua umiltà e umanità Gigi Proietti l’ha mostrata anche nel ricorrente progetto didattico-formativo: celebri, infatti, sono i suoi laboratori di recitazione dove ha formato all’arte del sorriso plotoni di attori a cominciare da Enrico Brignano, Flavio Insinna, Giorgio Tirabassi, Gabriele Cirilli, Chiara Noschese e Paola Tiziana Cruciani. Insomma un artista totale, votato al sorriso e all’arte della condivisione, per nulla ombelicale o centrato in se stesso, che ha fatto della scena il suo luogo d’eccellenza, senza però trascurare i punti fermi dell’esistenza, a cominciare dalla famiglia sempre accanto. Ciao Gigi, oggi ci hai beffato proprio con l’ultima “mandrakata”!
Articolo disponibile anche su Agenzia SIR
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