Filo conduttore è il tema “esistenze in cerca di riscatto”: “Parlami di te”, “I fratelli Sisters”, “Il corriere”, “Il vizio della speranza”, “Quello che veramente importa” e “Resta con me”.
“Parlami di te”
Negli ultimi anni l’attore francese Fabrice Luchini è stato molto apprezzato per “Molière in bicicletta” (2013) e “La corte” (2015). Nei primi mesi del 2019 è uscito in sala con la commedia drammatica “Parlami di te” (“Un homme pressé”) di Hervè Mimran, racconto della caduta nella malattia e voglia di riscatto. Protagonista è Alain, lavoratore indefesso che lascia poco spazio alla vita personale. Colpito da un ictus, Alain è costretto a un forzato riposo e a rivedere le proprie priorità. Una storia di certo già vista al cinema, ma che trova vigore e spessore grazie all’interpretazione convincente di Luchini nonché alla regia salda di Mimran. Un film che aiuta a riflettere anche sui rapporti familiari, in particolare genitori-figli. Dal punto di vista pastorale, il film è consigliabile, problematico e per dibattiti.
“I fratelli Sisters”
Tra i film rivelazione della Mostra del Cinema della Biennale di Venezia 2018 c’è “I fratelli Sisters” (“The Sisters Brothers”) del francese Jacques Audiard, che con quest’opera marca il suo esordio a Hollywood. Prendendo le mosse dal romanzo di Patrick deWitt, il film racconta le vicende dei fratelli Eli e Charlie Sisters (John C. Reilly e Joaquin Phoenix) negli USA di metà ‘800. I due sono cacciatori di taglie, ma nel corso delle loro (dis)avventure iniziano a comprendere come il mondo stia cambiando e come la regola della pistola non sia più accettabile. In particolare in Eli, stanco di tanta violenza, si fa largo il sogno di una vita diversa, tranquilla. Audiard offre una grande prova di regia, cogliendo bene lo spirito dell’America del vecchio West, ma anche il suo ineluttabile cambiamento. Il film ha un impianto apparentemente da western classico, trasformandosi ben presto nella parabola di un uomo in cammino verso la riconciliazione. Segnato da violenza diffusa, il film è complesso, problematico e per dibattiti.
“Il corriere”
Clint Eastwood non sbaglia un colpo. È soprattutto con i film da lui diretti che raggiunge un alto livello di forza espressiva e di innegabile poesia. Tra i titoli degli anni Duemila si ricordano “Million Dollar Baby” (2004), “Gran Torino” (2008) e “Sully” (2016). A inizio 2019 è uscito “Il corriere” (“The Mule”), ispirato a una storia vera: l’anziano Earl vive nelle periferie degli Stati Uniti, con incalzante disagio economico e lavorativo. Senza più guadagno, Earl si lascia tentare dalla criminalità organizzata per racimolare qualcosa: deve solamente guidare un furgone, senza farsi domande sul contenuto o sulla tratta. Eastwood racconta la caduta di un uomo nella corruzione, ma anche il coraggio del riscatto, del non svendere tanto rapidamente valori e principi. Un film bello, duro ed emozionante, che dal punto di vista pastorale è consigliabile, problematico e per dibattiti.
“Il vizio della speranza”
“Il vizio della speranza” di Edoardo De Angelis è la storia drammatica di una madre che cambia radicalmente vita per il bene del figlio che porta in grembo; racconto che si carica anche di un simbolismo parabolico, religioso. Siamo in Campania, lungo il fiume Volturno, e la trentenne Maria (Pina Turco) gestisce un traffico di prostitute e neonati sotto pressioni della malavita locala. Per Maria, come per le altre donne, non si intravede salvezza; tutto scorre inesorabilmente. Quando però Maria si scopre incinta, è mossa da una inarrestabile spinta al cambiamento, a invertire la rotta della propria esistenza. Il film oscilla tra temi roventi e di stingente attualità come lo sfruttamento della donna, della maternità e il degrado delle periferie. De Angelis rivela polso, capacità di graffiare ma anche tanta poesia, mostrando uno stile maturo e incisivo. Nonostante qualche sbavatura, il film è complesso, problematico e per dibattiti.
“Quello che veramente importa”
Malattia sì, ma raccontata con i toni della commedia garbata. Stiamo parlando di “Quello che veramente importa” (“The Healer”) di Paco Arango, con Camilla Luddington e Oliver Jackson-Cohen. È la storia di un giovane dalla vita sregolata e senza impegno, che si rimette in gioco in una piccola comunità della Nuova Scozia in Canada; un percorso che lo apre al senso di prossimità e a riprendere il dialogo con la fede. Un film dalla struttura narrativa di certo semplice, scorrevole, ma vivi intenti educational. Dal punto di vista pastorale, il film è consigliabile, semplice e per dibattiti.
“Resta con me”
Dopo le avventure estreme tra i ghiacci di “Everest” (2015), il regista islandese Baltasar Kormákur si confronta con il mare aperto attraverso la storia avventurosa di “Resta con me” (“Adrift”), interpretata da Shailene Woodley e Sam Claflin. Ispirato a una storia vera, è il racconto del viaggio in barca a vela nel Pacifico, da Tahiti a San Diego, di due giovani innamorati, Richard e Tami: lui è uno skipper professionista e lei giovane alle prime armi. È un incontro-scontro dell’uomo con la Natura: un rapporto che ha la bellezza del sublime, ma presenta anche il suo lato feroce; è in particolare Tami a ricoprire un ruolo di primo piano, a giocarsi in una danza con la Natura che finisce per assumere i contorni di una sfida muscolare. Questo viaggio concitato e vertiginoso, fatto di sudore e sangue, in verità diventa anche un percorso interiore dove finisce la giovinezza e comincia l’età adulta. Il film è consigliabile, problematico e adatto per occasioni educational.
Articolo originale pubblicato su Agenzia SIR
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