Ultimo giorno di proiezioni a Venezia79. Sessant’anni dopo “Francesco d’Assisi” (1966) di Liliana Cavani, Susanna Nicchiarelli realizza “Chiara”, attento e acuto ritratto della Santa lontano dal facile agiografico. La regista attraverso la sua vibrante carica narrativa, il suo sguardo rock, ci propone la figura di Chiara come donna luminosa e libera, una libertà schiusa dall’incontro con la fede. Una donna soprattutto radicale: una “femminista” anzitempo. In gara per il Leone d’oro c’è anche Jafar Panahi con “Khers nist” (in Italia “Gli orsi non esistono”), film da lui diretto, scritto e interpretato. L’autore, però, non è al Lido perché ingiustamente incarcerato in Iran dallo scorso luglio. Punto Cnvf-Sir dalla Mostra.
“Chiara” – in Concorso
È dedicato a Chiara Frugoni, nota storica e medievalista italiana scomparsa nell’aprile 2022, il film “Chiara” firmato da Susanna Nicchiarelli. La regista romana di origini umbre, seppure non credente, si è accostata alla figura di Chiara durante un viaggio ad Assisi, soffermandosi poi durante il lockdown sugli scritti della Frugoni. Lì, nel tempo forzatamente sospeso a causa della pandemia, la Nicchiarelli ha deciso di voler raccontare la storia di quella ragazza straordinaria vissuta all’inizio del XIII secolo, che ha segnato (e rinnovato) insieme con san Francesco il cammino della Chiesa.
La storia. Assisi, 1211. Chiara (Margherita Mazzucco) abbandona casa appena diciottenne per seguire le orme di Francesco (Andrea Carpenzano). Nonostante i tentativi intimidatori dei familiari, non cambia idea, ma inizia al contrario a ispirare altre ragazze e donne, che si uniscono al suo cammino di povertà. A frenare il suo progetto c’è però il Cardinale Ugolino – papa Gregorio IX (Luigi Lo Cascio)…
“La forza della storia di Chiara sta per me nella sua radicalità”. È quanto sottolinea la regista Susanna Nicchiarelli, precisando la prospettiva da cui osserva la figura di Chiara. La sua, aggiunge l’autrice, è “una radicalità che è sempre attuale, e che ci interroga in qualsiasi epoca. È la storia di una diciottenne che, per quanto in un contesto davvero distante dal nostro, abbandona la casa paterna, la ricchezza, la sicurezza, per combattere per un sogno di libertà: la mia speranza è che il film trasmetta a tutti l’energia di questa battaglia”.
“Chiara” arriva nella carriera professionale della Nicchiarelli dopo altri due ritratti di donne forti e controcorrente: “Nico, 1988” (2017), sulla cantante dei Velvet Underground, e “Miss Marx” (2020), sull’attivista inglese Eleanor Marx. Dopo di loro c’è dunque “Chiara”, la storia di una Santa, proposta però per il suo coraggio profondamente umano, quello del tener testa a un mondo patriarcale, particolarmente rigido nei confronti delle donne. Una diciottenne che ha avuto il coraggio di rinunciare a se stessa, alle sue agiatezze, per seguire un sogno di povertà, la vocazione accesa dalla fede, sull’esempio di Francesco d’Assisi. Una religiosa che rifiuta di chiudersi in convento, il prevedibile cammino claustrale, ma vuole condividere insieme alle sue sorelle il messaggio del Vangelo tra la gente e con la gente.
La Nicchiarelli rispetta il tempo della storia di Chiara, lo abita con il suo sguardo accorto e puntuale, inserendo però anche elementi di “ribellione” che si ricollegano alla sua cifra stilistica. Il film è infatti attraversato da raccordi musicali, in linea con lo spirito del tempo, come pure da una scarica contemporanea di sound rock. Sì perché la forza della sua Chiara è quella di essere inserita nel perimetro della Storia, ma protesa verso l’oggi.
Ancora, aspetto nodale del racconto è il temperamento di Chiara: tiene conto delle regole che la società impone, ma non si rassegna a esse, soprattutto se sono marginalizzanti e “discriminanti” verso le donne. La giovane e brava Margherita Mazzucco, appena uscita dal set della serie Tv “L’amica geniale” che l’ha lanciata, cesella lo sguardo di Chiara con forza e delicatezza, in maniera mite e fiera, umile e libera. Una Chiara determinata e resiliente, ben più solida del suo amico Francesco, come anche lui le riconosce.
Nell’insieme il film dimostra carattere, originalità, seppure di costruzione apparentemente classica; la Nicchiarelli mette a segno un’altra prova di regia grintosa. Raccomandabile, poetico, per dibattiti.
“No Bears” – fuori Concorso
Il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia il regista iraniano Jafar Panahi lo ha vinto già nel 2000 con “Il cerchio”. Pochi anni fa, nonostante le pressioni politiche e una prima incarcerazione con divieto di girare film, Panahi vinse anche l’Orso d’oro a Berlino con “Taxi” (2015). Nel luglio 2022 viene arrestato nuovamente per le sue ripetute manifestazioni di dissenso verso il potere costituito, ma il suo film “Khers nist” (in Italia “Gli orsi non esistono”) viene ugualmente accolto in Concorso a Venezia79.
La storia. Iran oggi, il regista Jafar Panahi si trova in un villaggio fuori Teheran con la sua attrezzatura da film. Nel mentre dirige a distanza, via collegamento digitale, una troupe nella capitale che sta raccontando una storia d’amore e di fuga per la libertà…
Jafar Panahi conferma il suo cinema verità, dove il confine tra finzione e realismo è estremamente labile e sfumato. Le due storie parallele che propone, e che lo chiamano in campo come protagonista, sono frammenti narrativi che usa come espedienti per mettere a fuoco la difficile condizione del suo Paese. Non ci sono solo pressioni istituzionali, governative, ma a imbrigliare la vita delle persone sono anche le superstizioni e pregiudizi socioculturali. Ancora, Panahi inserisce il tema della libertà d’espressione, del cinema e dell’arte tutta, di poter liberamente descrivere e analizzare il mondo che lo circonda. Una libertà, però, solo immaginata…
A ben vedere, non tutto torna nel suo racconto, ma nell’insieme “Khers nist” (in Italia “Gli orsi non esistono”) si sovraccarica di una forza espressiva e suggestiva che si lega alla sua consueta poetica e al resiliente attivismo civile. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
La nota critica di Massimo Giraldi, presidente Cnvf – Giuria Signis
“Con ‘Chiara’ Susanna Nicchiarelli fornisce un’ulteriore prova di confronto con personaggi femminili di forte spessore. Recuperando alcune istanze religiose dal suo delicatissimo film d’esordio, ‘Cosmonauta’ (2009), la regista compone un ritratto della Santa d’Assisi vibrante e di profonda bellezza. Lavora sul carattere di Chiara e sulla sua rispettosa vis contestatoria, che le hanno permesso di avviare un cambiamento (ancora non del tutto compiuto) di considerazione e valorizzazione delle donne nella Chiesa. Invece, Jafar Panahi torna a Venezia con un film fedele ai suoi canoni stilistico-narrativi, mettendo in primo piano se stesso: non in modo ‘egocentrico’, bensì rinnovando la sua linea di testimonianza artistica e civile a favore della libertà creativa e di pensiero”.