Dentro la Tv: Su Netflix la miniserie “La regina degli scacchi”, racconto di formazione di un’orfana che emerge grazie al talento negli scacchi

martedì 22 Dicembre 2020
Un articolo di: Sergio Perugini

Netflix, il successo è donna. Mai come quest’anno il successo di Netflix si regge su serie tv trainate da storie e protagoniste femminili di grande incisività. Ecco tre titoli che hanno fatto la differenza nel 2020. Anzitutto la miniserie tedesca “Unorthodox”, storia della ventenne Esty (Shira Haas) e del suo cammino di ribellione verso la libertà. Vibrante e commovente racconto tratto dal romanzo di Deborah Feldman. Ancora, altro serie di punta è la quarta stagione di “The Crown” sulla monarchia inglese anni ’80. Lì non una donna di peso, bensì tre: Elisabetta II (Olivia Colman), Margaret Thatcher (Gillian Anderson) e Lady D. (Emma Corrin). Quando si dice che una serie tv non ha nulla da invidiare al grande cinema! Infine, la vera sorpresa di fine anno è la miniserie statunitense “La regina degli scacchi” (“The Queen’s Gambit”) ideata da Scott Frank e Allan Scott, dal romanzo di Walter Tevis, che racconta le vicissitudini della giovanissima Beth Harmon, un’orfana nell’America degli anni ’60 che supera i traumi del suo passato grazie agli scacchi.

Il mondo di Beth. Provincia americana anni ’50-’60, Beth (Anya Taylor-Joy) non ha neanche dieci anni ed è rimasta orfana. Accolta in una scuola per ragazze senza famiglia, grazie al custode il signor Shaibel (Bill Camp) scopre il mondo degli scacchi. Rapidamente impara, vince, stravince, e stupisce non solo l’uomo ma anche tutti coloro che si siedono alla scacchiera con lei. Beth viene adottata da una famiglia del Kentucky e insieme alla nuova madre Alma (Marielle Heller) inizia a gareggiare a livello agonistico. È l’inizio di un sogno, ma la vita non è mai semplice e i traumi del passato sono sempre lì pronti ad affiorare…

Pros&Cons. Ha conquistato il pubblico progressivamente, dalla fine di ottobre a oggi: è la miniserie in 7 puntate “La regina degli scacchi”, il racconto di formazione di una giovane ragazza orfana che sopravvive alle delusioni e alle amarezze della vita grazie all’inspiegabile talento per gli scacchi. Nonostante spesso Beth vacilli o smarrisca il sentiero, perdendosi in abusi di farmaci e alcolici, per mettere a tacere le troppe sofferenze patite fin da piccola, gli scacchi la rimettono puntualmente sul binario giusto. E partita dopo partita, caduta dopo caduta, Beth impara a nuotare nel grande mare della vita, riuscendo a tenere a bada le sue fragilità e a valorizzare i suoi non pochi talenti. Beth è un’eroina fragile, di sicuro imperfetta, che è capace di trovare un posto nel mondo, anzi una posizione di primo piano nell’America del tempo, in un ambiente a forte trazione maschile, come quello degli scacchi. Beth sbaraglia sulla scacchiera ogni campione maschile, imparando inoltre a capire come relazionarsi con il prossimo. In un certo senso Beth, come la Esty di “Unorthodox”, compie un cammino di riscatto e di riconciliazione, passando dalla privazione all’accettazione di sé e alla scoperta della tenerezza, alla prossimità. Titolo problematico, ma convincente e corroborante.

Articolo disponibile anche su Agenzia SIR


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