Tutti pazzi per Freud. Nel mondo delle piattaforme è vivo l’interesse per la psicanalisi. Nel 2020, ad esempio, Netflix ha rilasciato la prima stagione di “Freud”, produzione austriaco-tedesca dedicata alla figura di Sigmund Freud, mentre a distanza di quasi un anno Prime Video esce con la serie italiana “Tutta colpa di Freud”, un’operazione realizzata da Amazon con Mediaset e la Leone Film Group. Si tratta di un progetto che recupera la formula di successo di un film molto apprezzato del 2014 a firma di Paolo Genovese, appunto “Tutta colpa di Freud”, vincitore del Nastro d’argento come miglior commedia. E sempre dello stesso anno ne è proposta una versione estesa nella formula della miniserie su Canale 5. Ora a distanza di cinque anni il progetto, con la regia di Rolando Ravello, ritorna in maniera rivista e aggiornata. Cambia infatti di cast e l’ambientazione, da Roma a Milano, mettendo a punto un racconto familiare in chiave tragicomica che strizza l’occhio a un pubblico giovane.
Lo skyline Milano. Francesco Taramelli è un affermato psicanalista che vive in una bella casa nel centro di Milano con le sue tre figlie: Sara, prossima alle nozze con lo storico fidanzato, la quale si scopre attratta da una donna; Marta, ricercatrice universitaria bloccata in una relazione con il suo professore; e la diciottenne Emma, aspirante influencer nella moda. L’esistenza di Francesco va in stallo, sotto incalzanti attacchi di panico per i problemi delle figlie e per un abbandono mai del tutto metabolizzato.
Pros&Cons. Paolo Genovese è un regista-sceneggiatore che non sbaglia un colpo, avendo realizzato nell’ultimo decennio una serie di efficaci quadri della società italiana. Suoi sono “Immaturi” (2011), “Una famiglia perfetta” (2012) e il fenomeno “Perfetti sconosciuti” (2016). Nel 2021 giunge in porto l’evoluzione di un suo progetto cinematografico del 2014, “Tutta colpa di Freud. La serie” (8 episodi da 50 minuti), una specie di spin-off. Cosa funziona e cosa no? Di certo la confezione formale e il cast sono un ottimo biglietto da visita: la città di Milano, con i suoi quartieri eleganti, lo skyline da grande città europea e i locali ricercati, offre indubbio fascino, come pure è notevole il ritmo comico impresso da interpreti di livello come Claudio Bisio, Max Tortora, Claudia Pandolfi e Stefania Rocca. L’elemento incerto risiede però nella linea narrativa, il racconto di una famiglia mono-genitoriale a trazione maschile con tre figlie alle prese con irrisolti professionali e sentimentali. Nulla di insensato, anzi, ma la gestione del racconto è incline a non poca banalità e semplificazione, componendo un ritratto inutilmente sovraccarico e di fatto sottotono. Nell’insieme la serie risulta pure godibile, ma l’esito è alquanto dubbio, teso a una problematizzazione stereotipata delle dinamiche familiari. Pertanto, buone le intenzioni, ma non del tutto il risultato. Prime Video classifica la serie adatta a “+16 anni”, rimarcando un’attenzione per i temi e le scene in campo.
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