Nel segno del giallo. Nero Wolfe, Sheridan, Maigret e padre Brown. Sull’ammiraglia Rai tanti sono i volti di detective e commissari che hanno ipnotizzato il pubblico, con ampi consensi della critica. Tra i più memorabili c’ anche il commissario Corrado Cattani nella serie “La piovra” (nelle stagioni 1984-1989). Ma da quando è arrivato Salvo Montalbano nel 1999, dal genio di Andrea Camilleri, nulla è più stato lo stesso. Un vero e proprio fenomeno televisivo, una “Montalbano Fever”, un unicum in termini sia di linguaggio narrativo (forte di un binario letterario formidabile) che produttivo: Montalbano è conosciuto ovunque, dal Nord Europa all’Inghilterra fino agli Stati Uniti. E gli ascolti sono ai livelli di “Sanremo”. Grazie a Montalbano, poi, nel rinnovato parco del racconto della fiction Rai, sono seguiti altri validi volti di investigatori o forze dell’ordine di matrice letteraria. Tra gli ultimi “Rocco Schiavone” dalla penna di Antonio Manzini e ora (dal 25 gennaio) “Il Commissario Ricciardi” da Maurizio de Giovanni.
Napoli anni ’30. Il commissario Luigi Alfredo Ricciardi (Lino Guanciale) indaga su crimini misteriosi ed efferati nella Napoli degli anni ’30. Ricciardi è acuto, rigoroso; in più, può contare su una strana “dote”: riesce a vedere le vittime morte, che condividono con lui un particolare sulle circostanze dell’uccisione. Sul fronte privato, Ricciardi è a un crocevia sentimentale…
Pros&Cons. A lungo atteso, alla fine è arrivato anche “Il Commissario Ricciardi” su Rai Uno. Forte di un successo letterario, dal talento narrativo di de Giovanni, la trasposizione Tv era pressoché scontata. Alla regia c’è il sempre bravo Alessandro D’Alatri, con un solido curriculum tra pubblicità d’autore e cinema (suoi sono “I giardini dell’Eden” e “Casomai”), che per la Tv ha già diretto “I bastardi di Pizzofalcone”. Capofila nel cast di “Ricciardi” è Lino Guanciale, attore quarantenne sempre convincente tra cinema, Tv e teatro, che ha un fortissimo seguito di pubblico. Insomma gli ingredienti per far decollare “Il Commissario Ricciardi” ci sono tutti. Risultato? Bene, ma non benissimo. La serie mette in campo notevole fascino e atmosfera, con una ricostruzione di Napoli elegante e fumosa. Guanciale sagoma Ricciardi con estrema cura, anche se scivola un po’ spesso nel malinconico. I casi sono intricati e intriganti. Ma cosa non funziona? Sia chiaro, gli ascolti ci sono e sono pure buoni: la partenza è stata sul 24% di share, 6milioni di spettatori. Forse non è arrivato il pieno di consensi (atteso), perché la serie ha una persistente nota di tristezza, che contamina l’andamento del racconto. E cosa non da poco, nel clima di tensione (frustrazione) da Covid-19, il prodotto può risultare più divulgatore di ansia che di rassicurazione, evasione.
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