Biopic tricolore. Nella grande stagione d’oro della serialità italiana, decollata dalla metà degli anni ’90 in poi, il ruolo della miniserie biografica è stato di certo rilevante. Una galleria di ritratti di figure che hanno segnato la storia del Paese, contribuendo alla sua crescita e progresso in ambito scientifico, politico, culturale o sportivo. Tra i più acclamati da critica e pubblico: “Perlasca. Un eroe italiano” (2002) e “Gino Bartali. L’intramontabile” (2006), entrambi diretti da Alberto Negrin, come pure “De Gasperi. L’uomo della speranza” (2005) di Liliana Cavani o “Volare. La grande storia di Domenico Modugno” (2013) di Riccardo Milani. Particolare attenzione è stata riservata ai “pionieri”: da “Adriano Olivetti. La forza di un sogno” (2013) di Michele Soavi, a “Enrico Piaggio. Un sogno italiano” (2019) di Umberto Marino a “Rita Levi-Montalcini” (2020) di Negrin. Il 20-21 maggio arriva su Rai Uno e RaiPlay l’omaggio celebrativo dedicato a Guglielmo Marconi: la miniserie “Marconi. L’uomo che ha connesso il mondo”, per la regia di Lucio Pellegrini e con protagonisti Stefano Accorsi, Nicolas Maupas, Ludovica Martino, Alessio Vassallo e Cecilia Bertozzi.
La storia. Italia 1937, il senatore Guglielmo Marconi accetta di essere intervistato dalla giornalista Isabella Gordon. Durante le sessioni di registrazione, Marconi ripercorre gli anni della sua giovinezza a Bologna, dove condusse i primi esperimenti per la telegrafia senza fili, sino alle scoperte che lo porteranno al Nobel nel 1909. Nel mentre la giornalista Gordon indaga sulle sue nuove invenzioni, se utili per il potenziale bellico dell’Italia. A darle tale missione è il governo fascista…
Pros&Cons. “Questa miniserie trova il suo segno di contemporaneità, il suo tema dominante, nella paura della guerra che anima il nostro protagonista, nella certezza che armarsi non sia mai una scelta di pace. E nell’idea che il futuro, ovvero il nostro presente che Marconi sapeva perfettamente immaginare, dovesse essere un tempo di fratellanza tra i popoli, grazie all’uso virtuoso della tecnologia”. Sono le parole del regista Lucio Pellegrini (“Tutto può succedere”, 2015-17), che ben perimetrano il taglio della miniserie su Guglielmo Marconi, la linea del racconto. In occasione dell’anniversario per il 150° dalla nascita dello scienziato e per il 100° della radio, Rai Fiction e Stand By Me, con la collaborazione della famiglia Marconi, hanno messo in campo un biopic che sottolineasse lo sguardo visionario dello scienziato, proteso a fornire un contributo al progresso collettivo, agli usi civili della tecnologia, lontano da “contaminazioni” belliche. Il racconto, nella cornice dell’Italia fascista anni ’30, è teso a sgombrare il campo da ombre e legami dello scienziato con il regime, direzionando lo sguardo sulla sua dedizione per la ricerca. Evidente è lo sforzo produttivo nel rendere la miniserie puntuale e accurata; il copione presenta un andamento accattivante e avvincente, alternando raccordi didascalici con inserti da spy story. A funzionare sono di certo le interpretazioni, in primis di Stefano Accorsi, capofila di un buon cast. Lo svolgimento risulta lineare, elegante, senza particolari sussulti di originalità. Consigliabile, semplice, per dibattiti.