Regine del foro. La toga è sempre più al femminile. Ce lo dicono le principali serie legal tra Stati Uniti e Italia. Tra le capofila “Ally McBeal” (1997-2002) firmata David E. Kelley con Calista Flockhart nei panni dell’avvocatessa Ally McBeal nello studio legale di Cage & Fish di Boston: ironia a briglia sciolta, ma anche pennellate drammatiche. Tra il 2009 e il 2016 arriva poi “The Good Wife” ideata da Robert e Michelle King, con l’incisiva Julianna Margulies nei panni di Alicia Florrick: serie legal con sconfinamenti nel political drama. E quasi negli stessi anni e sullo stesso terreno narrativo “Scandal” (2012-18), creatura di Shonda Rhimes, le avventure legali, politiche e sentimentali di Olivia Pope, ruolo della carriera per Kerry Washington. In Italia la recente “La legge di Lidia Poët” (dal 2023), serie targata Netflix e diretta da Matteo Rovere, protagonista Matilda De Angelis nel ruolo prima italiana a laurearsi in legge e a entrare nell’Ordine degli avvocati a Torino sul finire del XIX secolo. Dal 19 marzo su Rai Uno torna il legal-family drama “Studio Battaglia” (la prima stagione nel 2022). Alla regia Simone Spada, producono Palomar, Tempesta e Rai Fiction. Protagonisti: Barbora Bobulova, Lunetta Savino, Miriam Dalmazio, Marina Occhionero, Giorgio Marchesi e Thomas Trabacchi.
La storia. Milano, oggi. Trovato l’accordo di fusione tra gli Studi Zander e Battaglia, Anna, Nina e la madre Marina tornano a lavorare insieme. A casa continuano le turbolenze (matrimoni che scricchiolano, gravidanze inaspettate, pensionamenti difficili da accettare), mentre sul lavoro le tre avvocate sono compatte nello sfidare casi di stringente attualità…
Pros&Cons. “Queste donne formidabili – argute, solidali, anticonformiste – e gli uomini che dividono la vita con loro sono una grande famiglia in cui è bello tornare. Per vederle cadere, ridere e rialzarsi, nella lotta quotidiana per l’affermazione della propria felicità. Sono donne (e uomini) che sbagliano spesso, che cambiano idea, ma che provano ogni giorno a fare la cosa giusta: e se non per loro stesse, per gli altri. C’è un’etica di fondo molto forte, un senso della giustizia profondamente umano”. Così la sceneggiatrice Lisa Nur Sultan, che firma l’adattamento dal format inglese “The Split” (BBC), introducendo la seconda stagione di “Studio Battaglia” (6 episodi). Qual è il segreto? La giusta combinazione tra forma e contenuto, tra sostanza narrativa – è scritta molto bene – e dimensione visiva, con una cura formale sofisticata in linea con l’atmosfera della Milano che corre. La regia di Spada governa bene le linee narrative messe a punto dalla Sultan, valorizzate anche dall’ottimo cast (punto di forza della serie). Funzionano soprattutto Bobulova, Savino e Dalmazio, triade affiatata che gioca tra armonie e scintille. In questa stagione – abbiamo visto i primi episodi – agganciano sia le linee tematiche (privacy, diritto all’oblio, separazioni, ecc.) sia le caratterizzazioni dei personaggi, tutti sfaccettati, coraggiosi e fragili, trascinanti ma anche imperfetti antieroi. Un buon racconto, dinamico, elegante, che sfugge la banalità. Serie consigliabile, problematica, per dibattiti.