Dentro la Tv: Su Sky “Il Tatuatore di Auschwitz” con Harvey Keitel e Jonah Hauer-King
lunedì 27 Maggio 2024
Un articolo di:
Sergio Perugini
Memoria viva. Il cinema nel corso del XX e XXI secolo è stato un fermo avamposto nel sostenere e alimentare la cultura della memoria, nel dare voce alle ferite dell’umanità, soprattutto alle vittime delle Guerre mondiali. In particolare, la memoria della Shoah è una delle mission dello storytelling cinematografico e audiovisivo, basta richiamare solo i titoli usciti negli ultimi sei mesi: dal folgorante Premio Oscar “La zona d’interesse” (2024) del britannico Jonathan Glazer, che ha saputo rendere con forza espressiva la vertigine dell’orrore, il racconto del campo di concentramento di Auschwitz scegliendo come prospettiva la famiglia del capo del lager, a “One Life” (2023) di James Hawes, biopic sullo Schindler inglese Nicholas Winton, oppure la favola amara “L’ultima volta che siamo stati bambini” (2023) di Claudio Bisio. Ancora, sulla Rai la miniserie “La Storia” (2024) di Francesca Archibugi, dall’omonimo romanzo di Elsa Morante, e su Apple TV+ “The New Look” (2024) di Todd A. Kessler, serie sul genio creativo di Christian Dior, dove il tema della Shoah è una delle linee principali di racconto. Da maggio su Sky e sulla piattaforma Now troviamo “Il Tatuatore di Auschwitz”, la storia vera di Lale Sokolov.
La storia. 1942, Lali è un giovane ebreo slovacco deportato ad Auschwitz. Lì viene scelto per fare parte del piccolo gruppo di tatuatori, chiamati a imprimere un numero seriale sul braccio di ogni prigioniero. Per Lali tutto perde di importanza, sentendosi precipitato in una spirale infernale; un giorno però incontra Gita, anche lei prigioniera, per la quale prova subito un sentimento inaspettato…
Pros&Cons. A dirigere la miniserie in sei episodi è la regista israeliana Tali Shalom-Ezer, su copione di Jacquelin Perske, adattamento del romanzo bestseller di Heather Morris (Garzanti). Protagoniste le star Harvey Keitel, Melanie Lynskey, Jonah Hauer-King, Hanna Prochniak e Jonas Nay. La storia si snoda su due piani temporali: da un lato l’orrore nel campo di concentramento tra il 1943 e il 1945, in cui il ventenne Lali si muove tra i caseggiati cercando di salvare se stesso e l’amata Gita, dall’altro il racconto del Lali ottantenne che affida i propri ricordi dopo decenni di doloroso silenzio all’infermiera-scrittrice Heather, scelta per stendere la sua biografia. Due piani narrativi che si intrecciano componendo un racconto puntellato dalla tensione di un thriller, ma anche dal trasporto del sentimento. Della miniserie si apprezzano sia il realismo marcato da crudezza, stile scelto per non “depotenziare” la brutalità del male nel perimetro di Auschwitz, sia l’impianto della storia d’amore tra Lali e Gita, una fragile fiamma di speranza che resiste alla vertigine dell’orrore. Al di là del tema di oggettiva rilevanza, la miniserie trova valore anche per la cura formale e per le interpretazioni, in particolare dei “due” Lali, Jonah Hauer-King (“La sirenetta”) e Harvey Keitel (“Il cattivo tenente”, “Lezioni di piano”). A impreziosire il tutto è la colonna sonora firmata dal Premio Oscar Hans Zimmer e Kara Talve, cui si aggiunge anche il brano “Love Will Survive” di Barbra Streisand. Serie complessa, problematica, per dibattiti.