Tra arte e fede. Le chiese, piccole o grandi cattedrali dove la preghiera incontra il bello, dove la devozione abita nelle stanze dell’arte. Nulla di nuovo, anzi, per certi versi è la storia della Chiesa. L’arte in tutte le sue forme è sempre stata un mezzo espressivo per accostarsi a Dio, per arrivare a cogliere la Sua impalpabile grandezza e nel contempo per declinarla, schiuderla, al cospetto dello sguardo umano. Tanti i documentari che si sono occupati di questo straordinario connubio, tra i più recenti “San Pietro e le Basiliche papali di Roma” (2016) e “Divina Bellezza” (2017). Ora dal 10 dicembre sulla piattaforma VatiVision ne arriva uno nuovo, un film dedicato proprio al rapporto arte-fede: è “Un luogo, una carezza” diretto Marco Marcassoli, il racconto ravvicinato della progettazione della nuova cappella dell’Ospedale Giovanni XXIII a Bergamo.
In prima linea per Bergamo. Due importanti artisti internazionali, Stefano Arienti e Andrea Mastrovito, insieme dal maestro vetraio Lino Reduzzi e all’architetto Pippo Traversi si sono uniti nel progetto di allestimento della cappella dell’ospedale di Bergamo. Tra uso del vetro, giochi di luce naturale e suggestioni visive in oro, la nuova chiesa dell’ospedale è un luogo affascinante, uno spazio pensato per la preghiera, per il conforto, proprio lì dove spesso dolore e affanno sono ricorrenti…
Pros&Cons. Una bella sorpresa questo nuovo documentario che la piattaforma VatiVision programma per l’Avvento. Si tratta di “Un luogo, una carezza”, opera che ricostruisce passo passo la cordata di artisti che si è costituita per dare forma alla nuova chiesa dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. Su tutti l’artista internazionale Andrea Mastrovito, che ha risposto alla chiama del progetto sia mosso dalla sfida di creare un singolare habitus per il luogo religioso, sia come testimonianza per la sua terra, per le sue radici identitarie. La realizzazione della chiesa è sorprendente, e il documentario di Marco Marcassoli ben rende questo percorso artistico. Un documentario di cui si rimane quindi non poco affascinati, non tanto per lo stile di regia, che di fatto gioca in sottrazione, in maniera descrittiva, bensì per lo svelamento della fasi realizzative, per la capacità di rimarcare le singole note della partitura. Inoltre, “Un luogo, una carezza” viene proposto in un momento in cui la città di Bergamo è associata al volto di un’Italia sfiancata dalla pandemia; e sapere poi che questa chiesa è inserita nel tessuto di edifici dell’ospedale intitolato alla memoria di papa Giovanni rende la visione ancor più densa di emozioni. È un film di certo semplice, lineare, ma che si carica di un potente significato aggiuntivo: una contro-narrazione al dolore, alla disperazione, all’immagine di quei carri militari pieni di bare visti nella primavera scorsa. È l’immagine di un luogo dove, seppure tempestato dalla sofferenza, non manca mai la luce della Speranza.
Articolo disponibile anche sul portale dell’Agenzia SIR