Da Ferro al Boss. Questo autunno ricca è infatti l’offerta di documentari dedicati ai campioni dello sport o a star della musica. A dire il vero, è un trend produttivo in crescita da anni, che nelle ultime stagioni sta regalando prodotti sempre più accattivanti. Qualche esempio. È stato appena lanciato come un vero e proprio evento da Amazon Prime Video il doc “Ferro” sul cantante Tiziano Ferro: racconto di un cantautore italiano con milioni di copie vendute e una solida carriera all’estero, che ha accettato di mettersi a nudo con coraggio non solo per la sua carriera, ma anche per le sue insicurezze e dipendenze, regalando un emozionate cammino di riscatto. Ancora, su AppleTv+ c’è il succulento “Letter to You” dedicato a Bruce Springsteen e il suo legame con la E Street Band, un doc elegante firmato da Thom Zimny, già autore del precedente “Western Stars (2019). Sulla piattaforma NowTv di Sky è invece il momento dell’atteso “Mi chiamo Francesco Totti”, evento speciale alla 15a Festa del Cinema di Roma.
Come Agassi, Totti. Il riferimento è “Open”, autobiografia bestseller di Andre Agassi, scritta a quattro mani con il premio Pulitzer J. R. Moehringer: racconto avvincente sull’uomo e il campione, dentro e fuori dal campo. Da applauso. E sembra seguire proprio questa direzione il doc “Mi chiamo Francesco Totti” di Alex Infascelli, opera che prende le mosse dal libro “Un Capitano”, scritto da Totti con Paolo Condò.
Pros&Cons. Non bisogna di certo essere appassionati di calcio o tifosi della Roma per lasciarsi conquistare da “Mi chiamo Francesco Totti”. Il doc emoziona, e non poco, seguendo le tappe della carriera di un campione dai primi scarpini fino al commovente ritiro nel 2017. C’è tutto nel racconto, pubblico e privato, sport e famiglia. E soprattutto la famiglia e il clan degli amici di sempre costituiscono i punti fermi nel sistema solare Totti. A ben vedere, il calcio è il filo rosso narrativo, con tutti gli alti e bassi vissuti fedelmente con la squadra amata: dall’estasi per lo scudetto nel 2001 ai giorni difficili dell’infortunio nel 2006, passando per la vittoria ai Mondiali in Germania oppure alle tensioni con l’allenatore Luciano Spalletti, fino a quel 28 maggio 2017 con l’addio al pallone al termine della partita con il Genoa. Alex Infascelli è un regista di talento, che sa usare bene la macchina da presa, e firma questo doc accettando di condividere molto con lo stesso Totti, senza paura di esserne schiacciato. E il film funziona, e pure molto bene, perché unisce cronaca sportiva a raccordi privati-familiari, tutti marcati da tenerezza e pudore, come pure da quell’inconfondibile carica ironica tipica di Totti. C’è tutto nel documentario, soprattutto emerge forte quell’infinito amore per il calcio, per la squadra della Roma e per la Capitale. 100 minuti coinvolgenti ed emozionanti, da non mancare.
Articolo disponibile anche su Agenzia SIR