Interpreti e ruoli
Ali Suliman (Mustafa), Lana Zreik (Salwa), Samia Bakri (Nabeela), Tawfeeq Nayfeh (Majd), Maryam Nayfeh (Zeina), Salma Nayfeh (Noura), Ghassan Abbas (Abu Sami), Nabil Al Raai (Nader), Ghassan Ashqar (Saleh), Mahmoud Abu Eita (Ram), Anna Unterberger (Anne), Motaz Malhees (Kifah)
Soggetto
Cisgiordania, oggi. Mustafa vive con la madre a 200 metri dalla casa dove abitano la moglie Salwa e i loro tre bambini. Duecento metri sono pochi, ma possono diventare chilometri se in mezzo passa il “muro”.
Valutazione Pastorale
Scritto e diretto dal regista palestinese Ameen Nayfeh, classe 1988, al suo esordio nel lungometraggio, il film “200 metri” è stato scelto per rappresentare la Giordania nella corsa agli Oscar del 2021, senza però approdare alla candidatura. Girato nel 2019, arriva a fine agosto 2022 nelle sale cinematografiche italiane. La storia. In Cisgiordania Mustafa (Ali Suliaman) e la moglie Salwa (Lana Zreik) vivono in due villaggi palestinesi, a duecento metri di distanza. Così vicini che si possono guardare dalle finestre, lontanissimi, perché separati dal “muro”. Mustafa non vuole chiedere il visto lavorativo israeliano, al quale pure avrebbe diritto, e così, ogni giorno, per andare al lavoro e stare un po’con la sua famiglia deve attraversare la barriera due volte. Quando la moglie lo avverte che il figlio maggiore ha avuto un incidente ed è stato ricoverato, Mustafa si precipita al check point israeliano. Lì, con sgomento, scopre che il suo documento è appena scaduto: non può passare. Disperato si affida a un trafficante e, insieme a un gruppo eterogeneo di “clandestini”, affronta un viaggio sulle colline che costeggiano il muro alla ricerca di un varco. I metri diventano chilometri.
“200 metri” è un film dall’evidente intento didascalico e di denuncia. Racconta una storia semplice, uno spaccato di vita familiare, ma l’angoscia e il senso d’impotenza che crescono nel cuore di Mustafa con il passare delle ore, diventano il paradigma della frustrazione e della sofferenza di un popolo per una situazione che si trascina da decenni e alla quale nessuno sembra interessato a porre fine. Il regista Nayfeh tocca generi diversi: il dramma sociale, il road movie, il thriller (non manca neppure un piccolo “colpo di scena” finale), ma riesce sempre a tenere salda la barra verso l’obiettivo. Il film si chiude com’è cominciato: Mustafa e la sua famiglia ogni sera, prima di andare a letto, si salutano accendendo contemporaneamente una luce alla finestra. Vale la pena ricordare un altro film e un altro regista palestinese che ha scelto di raccontare la quotidianità di chi vive immerso in uno dei conflitti più dolorosi e inestricabili del nostro tempo: “Tutti pazzi a Tel Aviv” (2018) scritto e diretto Sameh Zoabi. Qui il registro scelto è quello della commedia ironica e surreale, ma la forza della denuncia resta intatta. “200 metri” è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte occasioni per riflettere sul conflitto israelo-palestinese e sulle possibilità d’integrazione e convivenza pacifica.