Presentato alla 14a Festa del Cinema di Roma (2019)
Interpreti e ruoli
Ivano Marescotti (Giuseppe), Virginia Diop (Bikira), Nicola Nocella (Nicola), Michele Morrone (Luigi), Vito Mancini (Baffo), Teodoso Barresi (U Viecchie), Ira Fronten . (madre di Bikira), Emmanuel Dabone (padre di Bikira), Selene Caramazza (Selene)
Soggetto
In una periferia rurale dell’Italia del Sud il sessantenne Giuseppe, rimasto appena vedovo, è chiamato a portare avanti il suo piccolo bar in una stazione di servizio senza l’aiuto dei figli. Non riuscendo più a fare tutto da solo, cerca un aiuto. Tra i tanti candidati c’è la giovane africana Bikira, giovane dallo sguardo luminoso e pieno di umanità. Tra i due nasce un timido dialogo, che apre poi alla tenerezza…
Valutazione Pastorale
Giunto alla soglia dei trent’anni di carriera, Giulio Base continua a sorprende per la versatilità e desiderio di mettersi in gioco su più fronti, tra televisione e cinema, come interprete o regista-sceneggiatore. Con “Bar Giuseppe”, presentato alla 14a Festa del Cinema di Roma, si confronta con il tema dell’accoglienza e dell’integrazione attraverso un racconto parabolico, una metafora dagli evidenti richiami religiosi. Sul sentiero percorso anche da Pupi Avati con il suo film “Le nozze di Laura” (2015), attualizzazione delle Nozze di Cana, Giulio Base ci parla dunque dell’incontro tra Giuseppe e Maria, tra timori, pregiudizi e tenerezza, calato nell’Italia di oggi, nelle periferie abitate dall’assenza di lavoro, dal difficile processo di integrazione culturale. “L’onda che mi ha sospinto – indica Giulio Base nelle note di regia – verso l’eterna scintilla della ‘novella’ di Giuseppe e della sua sposa è il loro essere ‘migranti’. Gli esiliati, ieri e oggi, sopportano le stesse condizioni: l’angoscia di non essere accolti, cosa mangiare, dove abitare, con quale lavoro. Da figlio di migranti, assisto al degenerare delle loro speranze”.
La piccola stazione di servizio dove si trova il bar di Giuseppe è senza dubbio un crocevia di umanità, ferita e dispersa, che comunque non rinuncia alla fiducia nel domani. Lì arriva come un’apparizione la ventenne Bikira, che conquista con la sua gentilezza la fiducia dei clienti e soprattutto vince le resistenze del cuore di Giuseppe, liberandolo dall’isolamento e dal dolore. Un amore, il loro, con una considerevole differenza d’età, che agli occhi della comunità appare inspiegabile, difficile da digerire, ma che i due vivono con grande delicatezza e rispetto. Una favola sociale che si muove sui sentieri del Vangelo: è questo il perno del racconto del film “Bar Giuseppe”. Un’opera interessante, valida, dai riflessi poetici, che ci aiuta ad esplorare la complessità dell’oggi attraverso le coordinate, le sensibilità del cuore, della “storia delle storie”, appunto quella della nascita di Gesù. Qualche passaggio appare forse un po’ troppo accompagnato, ma nell’insieme il racconto si muove su un binario narrativo scorrevole e convincente, puntellato dalla recitazione misurata di Ivano Marescotti, un Giuseppe dolente e sul crinale della vita, che non abdica però alla speranza di un cambiamento, di una rinascita. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni per affrontare i temi della famiglia, dell'integrazione e del dialogo tra culture. Dato il chiaro richiamo alla vicenda della nascita di Gesù, alle figure di Giuseppe e Maria, nella formula del film parabolico, l'opera può essere ampiamente utilizzata in ambito pastorale per approfondimenti e dibattiti.