Sogg.: Liberamente ispirato al romanzo omonimo di Dino Buzzati - Scenegg.: Angelo Pasquini, Mario Brenta, Francesco Alberti, Enrico Soci - Fotogr.: (panoramica/a colori), Vincenzo Marano - Mus.: Stefano Caprioli - Mont.: Roberto Missiroli - Dur.: 124' - Prod.: Nautilus Film
Interpreti e ruoli
Marco Pauletti (Barnabo), Duilio Fontana (Berton), Carlo Caserotti (Molo), Antonio Vecellio (Marden), Angelo Chiesura (Del Colle), Alessandra Milan (Ines), Marco Tonin (Darrio), Elisa Gasperini, Francesca Rita Giovannini, Pino Tosca, Alessandro Uccelli, Mario Da Pra, Gianni Bailo
Soggetto
Barnabo ha poco più di vent'anni quando entra a far parte del corpo dei forestali. E' asciutto, gagliardo e taciturno, ma anche timido e maldestro. Lo accoglie con ruvido senso paterno il comandante dei guardiaboschi di stanza in alta montagna, col compito, fra l'altro, di montare la guardia a una vecchia polveriera e di ristrutturare una piccola caserma diroccata, che si intende dedicare alla memoria di Darrio, un ardimentoso guardiaboschi ucciso dai contrabbandieri. Il comandante Del Colle passa sopra bonariamente alle prove d'inettitudine del giovane che lascia cadere una pallottola dalla canna del fucile; fallisce la mira nel tiro al piccione; s'impaurisce e cerca riparo al primo impatto con i contrabbandieri, in cui rimane ferito un commilitone. Un giorno anche il comandante viene trovato ucciso: Barnabo s'adopera con gli altri per rintracciare gli assassini, ma questi sembrano svaniti nel nulla. L'inverno, la neve, la monotonia finiscono con attutire il ricordo di quella tragedia. Chi non riesce a dimenticare il comprensivo superiore è proprio Barnabo, che però nel frattempo viene licenziato, per motivi di riduzione dell'organico. Questi si riduce a fare il bracciante agricolo in una poverissima cascina del Polesine, finché, dopo anni, accetta di tornare in montagna, non più come guardiaboschi, ma come guardiano della caserma. A un certo punto vede comparire i contrabbandieri. Corre su un picco a perpendicolo sulla cengia in cui stanno avanzando e punta il fucile: sta per colpirli ma inspiegabilmente qualcosa lo trattiene e li lascia andare.
Valutazione Pastorale
il film nonostante la lentezza del ritmo e i silenzi che rasentano l'artificiosità è di forte intensità emotiva e poetica, con quel suo collocarsi tra documentario e metafora fuori del tempo reale, in un quasi tempo interiore, in cui avviene insensibilmente la maturazione dell'uomo-persona, attraverso i chiaroscuri ordinari di una disadorna quotidianità. Barnabo, infatti, risulta dall'inizio alla fine un antieroe, un perdente, un pavido: eppure ha la tenacia rocciosa delle sue montagne e sa affrontare disagi e fatiche, rischi e solitudine con l'incredibile pertinacia dei forti. E' in possesso di una sensibilità, uno spirito d'osservazione, un'umanità del tutto eccezionali, in continua sintonia col linguaggio misterioso della natura e la vita degli esseri e delle cose da cui si trova circondato. Non gli sfugge nulla: il frullo di un volatile; il rumore dei sassi prodotto dagli scarponi; il fruscio del vento; il richiamo del cuculo; l'eco della campana; il sussurro della pioggia; lo scricchiolìo del legno. Sbaglia mira quando non colpisce il piccione sacrificale, oppure è lieto di risparmiarlo, seguendone estasiato il volo liberatorio? E' pavido quando sta sparando sui contrabbandieri, molto probabilmente responsabili dell'uccisione di Del Colle, oppure impietosito vedendoli affaticati, affamati, guardinghi, povera gente come lui? Non è forse da ricercarsi in questo innato senso di solidarietà e d'umanità la crescita interiore di Barnabo come persona, e la sua consolidata dignità di povero fra tante povertà? Il film è ricco di sequenze mirabili e traboccante di dettagli accuratissimi, in una perenne atmosfera d'incanto e di poesia.