BLUE

Valutazione
Discutibile, Problematico
Tematica
Metafore del nostro tempo, Psicologia
Genere
Drammatico
Regia
Derek Jarman
Durata
76’
Anno di uscita
1994
Nazionalità
Gran Bretagna
Titolo Originale
BLUE
Distribuzione
Mikado Film
Soggetto e Sceneggiatura
Derek Jarman
Musiche
Simon Fisher Turner

Sogg. e Scenegg.: Derek Jarman - Mus.: Simon Fisher Turner - Dur.: 76’ - Produz.: James Mackay, Takashi Asai

Soggetto

il regista Derek Jarman, ammalato di Aids, sta morendo: la sua voce sembra assumere il valore di una sorta di testamento spirituale e di documento del suo modo di affrontare l’ultimo tratto della sua parabola esistenziale. Rivivono in queste memorie sonore, alternate a brani di musica strumentale e vocale, l’avanzare inesorabile del male, il tormento della retina che si sta distaccando e della visione deformata, lo squallore della degenza in ospedale, le trafitture della flebo, il ricordo degli amici morti per la terribile malattia prima di lui, il tutto come immerso in questo blu, in cui galleggiano ricordi, amarezze, gioie trascorse e rimpianti del regista che non fa certo mistero della sua omosessualità, ma anzi tende a proporla come una sorta di carisma. Un excursus sulla pazzia di Van Gogh lo trascina in una lunga disquisizione sul giallo, il colore preferito dal pittore suicida, confrontato con l’amato blu, che a poco a poco sembra assurgere i contorni ossessivi di una soglia iniziatica che porta nell’aldilà.

Valutazione Pastorale

lo schermo è perennemente blu, un colore intenso e denso: non una sola immagine. Dedicato al pittore Yves Klein, di cui sono celebri le tele monocromatiche, il film è in realtà un ibrido tra un esperimento, una confessione ed una sorta di delirio. L’abbandono dell’immagine da parte di un cineasta che di questa aveva fatto una sorta di cifra espressiva irrinunciabile suona come l’abdicazione di un monarca che si vede sottrarre, da un nemico misterioso quanto implacabile, tutto il suo regno di emozioni corporee e visive. Non mancano nel film suggestioni sonore, soprattutto vocali, di grande effetto. La claustrofobica “prigione blu” in cui viene costretto lo spettatore, anziché rilassarlo e favorire la sua concentrazione sulla colonna sonora, finisce per portarlo ad una sorta di soffocamento. Le confessioni del regista, talora abbondanti in realistici accenni alle sue abitudini sessuali, continuano ad alternarsi tra passato e presente, tra realismo e concettualità.

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