Interpreti e ruoli
Leonardo Di Caprio (Rick Dalton), Brad Pitt (Cliff Booth), Margot Robbie . (Sharon Tate), Emile Hirsch (Jay Sebring), Margaret Qualley (Pussycat), Timothy Olyphant (James Stacy), Al Pacino (Marvin Schwarz), Kurt Russell (Randy), Luke Perry (Wayne Maunder), Julia Butters (Trudi Fraser), Damon Herriman (Charles Manson)
Soggetto
Los Angeles, 1969. Rick Dalton, attore di successo protagonista alla fine degli anni Cinquanta di popolari telefilm western, attraversa una fase di forte declino e Cliff Booth, sua controfigura e migliore amico, cerca di farsi largo nell’industria cinematografica…
Valutazione Pastorale
Esordiente con “Le Iene” nel 1992, per arrivare ai nove film conteggiati ad oggi, bisogna mettere sul conto di Quentin Tarantino, “Pulp Fiction” (1994); “Jackie Brown” (1997),” Kill Bill volume 1 e 2” (2002-2003); “Grindhouse – A prova di morte” (2007); “Bastardi senza gloria” (2009); “Django Unchained” (2012); “The Haiteful Eight” (2015); e “C’era una volta Hollywood” (2019). Si tratta di una filmografia densa, fin troppo sovraesposta, fin dall’inizio concentrata sui temi dell’azione, della violenza, di abbondanti efferatezze talvolta controllate talaltra molto sbrindellate. Tarantino è diventato negli anni l’autore di un cinema che più sottolineava certe situazioni individuali e collettive più le restituiva con il marchio della originalità. Riuscendo così a creare un mondo fantastico, autorevole e incisivo, segnato da personaggi forti e spietati, con non poche svolte nell’umorismo. Da questo punto di vista ogni film è un po’ la somma di tutti i precedenti. Così succede in questo grande affresco della Hollywood fine anni Sessanta. C’è un mondo, ci sono tanti mondi nell’universo di quegli anni, un periodo pieno di sussulti, di cambiamenti, nel cinema, nella storia, nella società. La California è un pianeta sterminato e a raccontarlo forse non bastano nemmeno i 161’ del questo film. Ci sono però cose, fatti, azioni, personaggi. C’è la parabola tra sconfitta e rivincita, tra fine e rinascita. C’è un mondo che finisce, mentre ne scorre il ricordo e forse il rimpianto. Il tutto avvolto in una grande, ariosa, svolazzante regia. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, sempre ricordando sia la durata (161’), sia alcuni passaggi eccessivamente crudi e pesanti. E’ presente però un umorismo folle e un po’ dissacratorio, una volontà di buttare tutto sul versante di quella immaginazione che è il traliccio portante della vera finzione cinematografica.