Orig.: Ciad/Austria/Belgio/Francia (2006) - Sogg. e scenegg.: Mahamat Saleh Haroun, Laora Bardos - Fotogr.(Normale/a colori): Abraham Haile Biru - Mus.: Wasis Diop - Montagg.: Marie Hélene Dozo - Dur.: 96' - Produz.: Abderrahmane Sissako, Diana Elbaum, Sebastien Delloye, Mahamat Saleh Haroun.
Interpreti e ruoli
Ali Bacha Barkai (Atim), Youssouf Djoro (Nassara), Aziza Hisseine (Aicha), Djibril Ibrahim (Moussa), Fatimé Hadje (zia di Moussa), Khayar Oumar Defallah . (Gumar Abatcha), ( nonno di Atim)
Soggetto
Ciad, 2006. All'indomani della guerra civile, il Governo ha concesso l'amnistia ai criminali di guerra. L'anziano Gumar non riesce a sopportare la nuova situazione. Così chiama il nipote Atim sedici anni, gli consegna una pistola e lo incarica di trovare e uccidere l'uomo che molto tempo prima ha assassinato suo figlio nonché padre di Atim. Il ragazzo lascia il villaggio e arriva a N'Djamena, un piccolo paese dove in breve riesce ad individuare l'uomo, che si chiama Nassara. Costui é molto cambiato e da criminale di guerra é ora una persona matura, con moglie e una panetteria ben avviata dove distribuisce pane ai bisognosi. Presentatosi in cerca di lavoro, Atim si fa assumere, impara il lavoro di panettiere, instaura con Nassara un rapporto sempre più familiare, al punto che l'adulto, senza figli, chiede al giovane, che ha bisogno di un padre, se vuole essere adottato. Atim infine dice di no. Ma il proposito dell'omicidio non può più essere portato avanti. Tornato a casa, Atim va a relazionare al nonno. Gli dice di avere eseguito l'ordine. Il vecchio fa finta di crederci.
Valutazione Pastorale
Si tratta (sia pure coprodotto con partner europei) di un film del Ciad fatto dal Ciad stesso. La scelta convincente é quella operata dal regista di partire da un fatto 'personale' sullo sfondo di un evento più 'generale' (la guerra civile). Il 'privato' di un risentimento a lungo covato dentro si scontra con gli strascichi di odi atavici che magari hanno delle pause ma sembrano difficili da far cessare. L'approccio pessimista si stempera a poco a poco nel mutare dell'atteggiamento del giovane. La vendetta non serve, sangue chiamerebbe altro sangue, il futuro va ricostruito su una possibile riconciliazione. Un percorso dunque di concretezza sorretto da quello stile tipico del cinema africano improntato sulla 'povertà' della messa in scena, che vuol dire racconto secco, asciutto, del tutto diretto e molto incisivo. Un film di non poco interesse dunque, premiato alla Mostra di Venezia 2006, e che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come accettabile, problematico e adatto per dibattiti.
UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e da recuperare in molte occasioni per avviare riflessioni sui temi che propone, anche in ambito di scuole medie superiori.