Orig.: Iran (2000) - Sogg. e scenegg.: Hassan Yektapanah - Fotogr.(Panoramica/a colori): Ali Loghmani - Mus.: non accreditata - Montagg.: Hassan Yektapanah - Dur.: 94' - Produz.: Ahmad Moussazadeh.
Interpreti e ruoli
Jalil Nazari (Djomeh), Mahmoud Behraznia (Mahmoud), Rashid Akbari . (Habib)
Soggetto
Djomeh, giovane afgano, lavora in una sperduta fattoria della campagna iraniana. Ogni mattina accompagna il signor Mahmoud, proprietario della fattoria, nel giro dei villaggi per ritirare il latte da rivendere. Di carattere semplice e ingenuo, Djomeh non fa mistero della propria condizione di straniero. Cerca anzi di integrarsi a tutti i costi in un mondo per lui nuovo, a differenza del suo compagno di lavoro Habib, più diffidente. In un villaggio Djomeh entra in un negozio, osserva Setareh,la ragazza che serve, e subito se ne innamora. Nel corso degli spostamenti su e giù per la regione, Djomeh parla col signor Mahmoud e, dopo avergli raccontato le sue disavventure in patria, sente di potersi confidare con lui. Anche Mahmoud é colpito dalla generosità e dalla personalità del giovane e ascolta con interesse le sue riflessioni sui contrasti tra la cultura africana e quella iraniana. Sempre più innamorato di Setareh, Djomeh vorrebbe rivelarsi ma le leggi iraniane non glielo permettono. Allora decide di chiedere aiuto al signor Mahmoud. Questi cerca di scoraggiarlo ma, difronte alle insistenze, gli dice che proverà a fare qualcosa. La mattina dopo, quando il signor Mahmoud arriva per cominciare il solito giro, Djomeh vede che c'è un altro al posto suo. Mahmoud gli dice che lui resterà a lavorare nella stalla. E, riguardo alla richiesta di matrimonio, restituisce a Djomeh la scatola di cioccolatini destinata al padre di Setareh e aggiunge: "Ne parliamo un'altra volta".
Valutazione Pastorale
Opera prima di un regista nato in Iran nel 1963 e già aiuto di Kiarostami in "Il sapore della ciliegia" e di Panahi in "Lo specchio", il film è il ritratto vivo ed emozionante di una critica situazione politico-sociale, quella della guerra (e comunque dei rapporti tesi) tra Iran e Afganistan. Ma più che della guerra qui ci sono i segni delle divisioni, delle barriere mentali, della chiusura preconcetta: tutto quello che il candido Djomeh non accetta e vuole superare in nome del sentimento. Il suo slancio, la sua voglia di capire e di comunicare fanno breccia in chi gli sta intorno e allo stesso tempo mettono in luce la difficoltà di spezzare in tempi brevi diffidenze di lontana origine. Imperniato su situazioni certo anche drammatiche, il film ha invece l'andamento di una commedia: ed è qui il suo tratto più dirompente. Il regista non spreca una sola inquadratura, la m.d.p. sembra assente, il taglio dell'immagine è limpido, semplice, profondo. Quando alcuni ragazzini rubano a Djomeh la bicicletta, il richiamo al film di De Sica appare inevitabile e pertinente: come succedeva nel neorealismo, il film trova nella modestia della quotidianità la forza per acquistare valore più ampio e quindi toccare anche la dignità e il valore della singola persona Certo il finale fa rimanere tutto in sospeso. Ma la denuncia è fatta con convinzione e resta importante. Dal punto di vista pastorale, il film, ponendosi anche come valido veicolo di confronto tra culture e religioni, é da valutare come accettabile, e realistico per sottolinearne l'andamento quasi cronachistico.
UTILIZZAZIONE: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria. Molto utile risulta in occasioni mirate, come esempio di cinema di conoscenza anche a livello didattico e scolastico.