Orig.: Italia (2003) - Sogg. e scenegg.: Davide Ferrario - Fotogr.(Panoramica/a colori): Dante Cecchin - Mus.: Banda Ionica, Fabio Barovero - Montagg.: Claudio Cormio - Dur.: 92' - Produz.: Rossofuoco.
Interpreti e ruoli
Giorgio Pasotti (Martino), Francesca Inaudi (Amanda), Fabio Troiano (Angelo), Francesca Picozza (Barbara), Silvio Orlando (voce f.c.)
Soggetto
Martino lavora come guardiano notturno al museo del cinema di Torino all'interno della Mole. In quelle ore e nel silenzio vede tanti vecchi film muti. Angelo viene dalla Falchero, quartiere periferico della città, per rubare auto e rimediare qualcosa in vista di un cambiamento di vita. Amanda, la ragazza di Angelo, lavora in un fast food ma una volta non regge più alle critiche, reagisce colpendo il direttore e, impaurita, scappa via. Siamo dopo mezzanotte e l'unico luogo dove trova rifugio è all'interno della Mole. Chiede ospitalità a Martino che accetta e la tiene nel suo rifugio anche nei giorni successivi. Quando le acque si sono calmate, Amanda esce e rivede Angelo, che nel frattempo ha passato la notte con Barbara, amica di entrambi. Ma quei pochi giorni hanno cambiato la situazione. Ora Amanda è contesa da Angelo e da Martino. Loro dicono che deve decidere lei, e lei dice che non li vuole perdere. Martino si licenzia dal Museo e scrive a Amanda che vuole partire con lei. Amanda vince al lotto. Angelo incappa nello scherzo del metronotte Bruno che gli spara e lo ferisce a morte. Le ceneri di Angelo nell'urna cadono dall'alto della Mole. Martino e Amanda si allontanano e un cerchietto li stringe in B&N.
Valutazione Pastorale
Per lungo tempo critico cinematografico su riviste specializzate, Ferrario mette insieme in questa circostanza due suoi interessi principali: il cinema da un lato, alcuni giovani emarginati dall'altro. Omaggio al cinema dunque in primo piano: attraverso il recupero del muto e di quel periodo in cui molto diverso era il rapporto tra immagini e testo. Il ricorso dall'inizio alla fine alla voce f.c. (detta da Silvio Orlando) é conferma della intenzione di non voler raccontare una storia ma di cercare di capire quali storie racconti il cinema. O meglio quanto sia necessario inventare una storia, o quanto basti prenderla dalla realtà. O forse ancora quanto sia inevitabile procedere a qualche aggiustamento, a qualche intervento di modificazione. Un riflessione sul linguaggio del cinema nella sua primaria dimensione 'atemporale', ossia di scardinamento della normale successione del tempo. Ecco allora la scelta di un lavoro notturno, di tempi notturni, di buio (fuori e dentro davanti allo schermo) quasi a radiografare anche quei tre protagonisti: ragazzi invisibili come invisibile è ormai il loro disagio nella società contemporanea. All'interno di toni in qualche passaggio un po' grotteschi si insinuano dunque denuncia e atteggiamenti di rigetto che a lungo andare diventano assenza di riferimento a qualunque valore. La razionalità dei numeri resta l'unico schema possibile per dare un senso alla vita. Girando troppo a lungo intorno a teoremi dialetticamente 'chiusi', Ferrario finisce per togliere respiro alle sue intuizioni e per restare ancorato ad una materia filmica ed esistenziale priva di sbocchi. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come discutibile e nell'insieme velleitario.
UTILIZZAZIONE: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria con attenzione per la presenza dei minori. Più opportunamente è da proporre in situazioni mirate come occasione di riflessione sul tema del rapporto cinema/vita (il cinema non è la vita ma la può raccontare).